3. Sulle tracce di una cultura locale della convivenza in comunità

3.2. Esigenze politico-sociali e schemi notarili: un condizionamento reciproco

3.2.3. I destinatari delle immagini documentarie

I verbali delle assemblee, che venivano stesi nelle imbreviature, a maggior ragione in quelle prime redazioni ospitate nel protocollo o su fogli volanti, che non dovevano essere altro che strumenti di lavoro del notaio, pongono un problema specifico rispetto alle realizzazioni iconografiche cui pure li ho avvicinati: non avevano un pubblico di fruitori. Ancora più singolare è che, come accennavo (§ 2.1), proprio l’atto in mundum consegnato al comune e conservato nel suo archivio fosse più povero di quegli elementi grafici con funzione ordinante che invece caratterizzavano l’imbreviatura restata nel solo cartulario (ASSo, AN, 242, f. 317r., 1466.05.09; cfr. Archivio storico del comune di Morbegno, Pergamene, 5, 1466.05.09; ASSo, AN, 776, f. 260r., 1532.04.25; ivi, ff. 260v.–261r.; ivi, ff. 261v.–262r.; cfr. ASCG, Pergamene, 351, 1532.04.25). Tutto ciò complica l’analisi della situazione comunicativa in cui il documento nasceva. Suppongo che anche l’imbreviatura venisse mostrata dal notaio ai vicini o almeno agli ufficiali della comunità e che le relative formule, denominazioni e soluzioni grafiche dovessero incontrare il loro consenso. Però l’identificazione di un vero e proprio destinatario resta molto problematica e non si può escludere nemmeno che tali documenti rappresentassero spesso uno sforzo di delucidazione che il notaio indirizzava in primo luogo a se stesso.

Altri documenti, invece, godettero certamente di una pubblicità ben maggiore rispetto alle imbreviature notarili, al punto che si può parlare di scritture, se non esposte [79], comunque aperte alla consultazione, meglio assimilabili, quindi, ad uno momento di autocoscienza collettiva o magari ad uno sforzo di persuasione compiuto dalle élites e rivolto alla popolazione locale. È il caso delle raccolte normative e dei registri fiscali o dei verbali cancellereschi dei consigli, perlopiù conservati presso gli archivi di comunità, che spesso prevedevano istituzionalmente che le carte e i registri depositati fossero dati in lettura a chi ne facesse richiesta [80]. I quaderni dedicati all’attività assembleare della comunità di Bormio e di Valcamonica restavano se non altro a disposizione dei consiglieri succedutisi negli anni. L’elegante codice degli statuti di Masera era stato concepito presumibilmente per essere letto e mostrato (BERTAMINI, Masera e i suoi Statuti, p. 99; ivi, p. 100). Una destinazione e un significato analoghi doveva avere l’estimo di Crevola del 1458, frutto del lavoro di scrittura e di riflessione di un notaio di cui presumibilmente la comunità, almeno per qualche anno, si riappropriò (Archivio della Silva, Estimi, 2, f. 70r., 1458).

Tali scritture dovevano suscitare attenzione a diversi livelli. Gli individui più colti avrebbero valutato il prodotto del cancelliere e del notaio nel suo complesso; coloro che leggevano stentatamente avrebbero apprezzato se non altro la disposizione dei nomi. In quanto prodotti grafici, infine, anche se non immediatamente comunicativi, perché costituiti comunque di parole e non di immagini, non erano del tutto muti, almeno per quanto riguardava i messaggi più generali che veicolavano, neanche per la parte restante della popolazione: gli analfabeti e i semianalfabeti (che non mancavano anche ai vertici istituzionali delle comunità) [81] sarebbero stati certamente in grado di riconoscere a colpo d’occhio ad esempio la proposta di quadripartizione istituzionale del comune di Crevola avanzata nell’estimo appena considerato [82].


precedente precedente | torna sutorna su | successivo successivo

note

[79] Su cui v. A. PETRUCCI, La scrittura. Ideologia e rappresentazione, Torino 1986, pp. 3–20; i lavori di L. Bolzoni e C. Ciociola, citati sopra, n. [66]; «Visibile parlare». Le scritture esposte nei volgari italiani dal medioevo al rinascimento, a cura di C. CIOCIOLA, Napoli 1997. Per l’area in esame, R. PEZZOLA, Et in arca posui. Scritture della confraternita della Beata Vergine Assunta di Morbegno. Diocesi di Como, Morbegno 2003, pp. 117–120; EAD., «Reędificari et reparari facere inceperant». La fabbrica della chiesa nuova nell’archivio della confraternita, «Bollettino della Società storica valtellinese», 59 (2006), pp. 166–170, ora anche negli E–book di Ad Fontes; EAD., Nota introduttiva al doc. 1, in Le carte della chiesa di S. Eufemia di Teglio (1117), 2007 (Codice diplomatico della Lombardia. Secoli VIII–XII; cfr. EAD., Nota introduttiva al doc. 4, in Le carte del monastero di S. Lorenzo di Sondrio (1100–1117), 2007 (Codice diplomatico della Lombardia. Secoli VIII–XII); EAD., Scritture da vedere nelle chiese di Valtellina (in preparazione).

[80] DELLA MISERICORDIA, Mappe di carte, nn. 5–7 e testo corrispondente.

[81] DELLA MISERICORDIA, Divenire comunità, pp. 711–714.

[82] Cfr. A. PETRUCCI, Aspetti simbolici delle testimonianze scritte, in Simboli e simbologia nell’alto medioevo, Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’alto medioevo, XXIII (3–9 aprile 1975), Spoleto 1976, pp. 813–844, p. 814.