3. Sulle tracce di una cultura locale della convivenza in comunità

3.2. Esigenze politico-sociali e schemi notarili: un condizionamento reciproco

3.2.4. Il problema documentario: un solo istrumento per più soggetti politici

Dopo quanto si è detto nel precedente paragrafo circa i destinatari della pagina notarile, è conseguente chiedersi a quali obiettivi mirasse la sua ricercata organizzazione. Vedremo come essa affrontasse i problemi istituzionali (§ 3.2.5) e culturali (§ 3.2.6) posti dalla compresenza dei diversi segmenti sociali o territoriali entro la medesima comunità; prima, però, ritengo si debba evidenziare come risolvesse uno specifico problema documentario.

Un’alternativa percorribile all’articolazione grafica dell’instrumentum sindicatus era infatti immaginare il composito concorrere di decisioni e impegni da parte delle parentele, dei vicinati e di ogni altro eventuale gruppo riconosciuto all’interno della comunità come una somma di azioni distinte, compiute da diversi attori collettivi, e dunque da affidare a più istrumenti separati. In Valtellina, in effetti, le prime nette divisioni interne al comune parvero a volte rappresentabili secondo quest’ultima modalità, piuttosto che ricorrendo a documenti unitari. Nel 1346 l’impegno al pagamento delle taglie da parte del comune di Gerola, in una circostanza che vide la notevole responsabilizzazione delle parentele, divenne, nelle imbreviature di Guidino Castelli d’Argegno, la securitas prestata da quattro squadre, a base parentale e vicinale, in quattro diversi istrumenti, distinti fra loro, come sempre nell’uso del notaio, da una linea orizzontale (ASSo, AN, 3, f. 143v., 1346.05.22). Nel 1406 la convocazione generale di Gerola (con la presenza di tutti i vicini nello stesso giorno e nella stessa località), fu verbalizzata da Baldassarre Mandelli in due atti, dedicati ognuno a una delle due squadre in cui si articolava il comune (ASSo, AN, 75, f. 35r., 1406.12.12; ivi, f. 35v.). Giacomo Castelli d’Argegno, trovandosi a Rasura di fronte ad un’assemblea che, forse per la prima volta, si propose come riunione di parentele piuttosto che di individui, nonostante i caratteri unitari dell’evento (fu tenuta lo stesso giorno, nello stesso luogo, per il medesimo scopo), non seppe racchiudere l’impegno che i membri delle diverse agnazioni assunsero indipendente in un atto singolo; redasse invece, sulla stessa carta, con identica data topica e cronica, sempre ripetuta pur se in forma abbreviata, tre diversi istrumenti, tutti molto spogli (ASSo, AN, 71, f. 241r., 1414.05.29). Pochi anni dopo, invece, riuscì a disegnare un’unitaria cornice istituzionale e documentaria per questi soggetti semi–indipendenti, aiutandosi con la peculiare concezione grafica della pagina (ivi, f. 388r., 1417.01.02), e vi riuscirà, ancora più elegantemente, Beltramo Guarinoni (ASSo, AN, 344, f. 48r., 1466.04.08).

A Rebbio, come dicevo, un notaio comasco stese due istrumenti, uno relativo alla delibera dell’assemblea degli uomini della località, uno alla ratifica prestata da Maddalena de la Folea a nome di altre vedove che vi abitavano; tuttavia la presenza di quest’ultima nello stesso luogo e lo stesso giorno in cui si tenne la vicinanza suggerisce la possibilità che essa fosse stata presente alla decisione assunta collettivamente, accanto ai capifamiglia maschi. Il notaio, presumibilmente, faticò a ricomprendere nel primo atto pure l’espressione della volontà di Maddalena e stilò una electio e una ratificatio, laddove, con una diversa esperienza di lavoro, avrebbe magari potuto stendere un solo atto, identificando uno spazio preciso dell’elenco da riservare al gruppo di donne e ricorrendo a una graffa per esprimere il rapporto fra queste ultime e la loro rappresentante (ASCo, AN, 182, f. 280r., 1505.09.08; ivi, f. 281r.).


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