3. Sulle tracce di una cultura locale della convivenza in comunità

3.1. L’interprete: il notaio di fronte alle comunità rurali

3.1.2. Diversi notai di fronte alla stessa comunità

Due circostanze, in particolare, sono significative: la condivisione della stessa rappresentazione per la medesima comunità da parte di notai diversi; le ben distinte e peculiari immagini che un unico notaio elaborava per più comunità, che in effetti sono apparse anche a me, più lontano interprete, profondamente differenti per funzionamenti istituzionali e configurazione sociale § 3.1.3).

Basta riprendere alcuni degli esempi già esaminati per verificare quanto fosse frequente una sostanziale identità di vedute tra i notai cui, nel breve volgere di pochi mesi o anni, una comunità poteva rivolgersi. L’intesa era evidentemente scontata finché, nel primo Trecento, fu in vigore di fatto un unico modello (§ 2.1). Meno prevedibile è che anche le soluzioni più articolate – l’enfasi posta sui ceti, sulle parentele, sulle contrade, sui titoli di dignità – fossero solo in scarsa misura scelte personali del notaio e venissero invece indotte dall’istituzione per cui lavorava. La rappresentazione della società morbegnese scandita per gradi di dignità, se nel Quattrocento, come vedremo (§ 3.3.5), era ancora in discussione, all’inizio del Cinquecento non era più il frutto isolato della sensibilità del singolo notaio, come testimoniano i documenti dei fratelli Nicola (ASSo, AN, 497, f. 71r., 1494.02.05) e Francesco Castelli d’Argegno (ASSo, AN, 380, f. 230r., 1496.01.06) e di Artuichino Castelli di San Nazaro (ASSo, AN, 667, f. 353r., 1517.01.04; ivi, f. 353v.), che fu a lungo il notaio del comune. La reinterpretazione gerarchica della comunità di Cosio trovò concordi Antonio Zugnoni Raimondini (ASSo, AN, 641, f. 74r., 1506.06.07; ivi, ff. 74v.–75r.) e Gaspare Zugnoni (ASSo, AN, 765, f. 217r., 1520.05.06; ivi, f. 217v.). Pochi anni più tardi, Giacomo Fontana (ASSo, AN, 812, ff. 190v.–191r., 1520.11.30) e Artuichino Castelli di San Nazaro (ASSo, AN, 670, f. 416r., 1527.01.01; ivi, ff. 416v.– 417r.) videro entrambi il Monte di Morbegno come un mosaico di villaggi all’interno dei quali non era irrilevante l’appartenenza parentale e la reputazione personale.

Una prospettiva dall’esterno sul comune di Gerola, quella di Beltramo Guarinoni di Rasura, si incontrò, lo stesso giorno, con uno sguardo dall’interno, venuto dal notaio Pietro Curtoni di Gerola. I due notai rogarono i verbali di due assemblee che gli uomini tennero il 24 gennaio 1468; la scelta del Guarinoni a favore della lista e del Curtoni per l’elenco continuo sulla riga non toglie che le due sequenze nominali fossero in larga parte identiche. Inoltre i due colleghi concordarono nel non valorizzare il cognome nelle sue potenzialità ordinatrici: il Guarinoni omise di precisarlo per molti dei presenti, il Curtoni, che doveva conoscere meglio gli abitanti, fu più attento nell’indicarlo, ma non per questo ripensò la successione dei convenuti allo scopo di costituire sequenze continue di parenti (ASSo, AN, 318, f. 262r., 1468.01.24; ivi, f. 262v.; ASSo, AN, 344, f. 131v., 1468.01.24).


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