3. Sulle tracce di una cultura locale della convivenza in comunità

3.1. L’interprete: il notaio di fronte alle comunità rurali

3.1.3. Lo stesso notaio di fronte a diverse comunità

Se più notai raggiungevano di norma un’identità di vedute circa la stessa comunità, come si è mostrato nel precedente paragrafo, sovente il medesimo notaio stilizzava sulla carta diverse comunità in modi profondamente differenti.

La divisione che Baldassarre Mandelli enfatizzò a Morbegno, nel 1427, era quella tra nobili e vicini (ASSo, AN, 76, f. 348r., 1427.01.26; ivi, f. 348v.), a Cosio, nel 1431, quella tra parentele e contrade (ASSo, AN, 77, ff. 111r., 1431.05.21; ivi, ff. 111v.–112r.).

Pietro Foppa documentò le assemblee dei comuni di Morbegno e di Bema: a Morbegno, pur non condividendo, come vedremo (§ 3.3.5), i codici culturali dominanti, intervenne con la propria lista circa il problema della rappresentazione gerarchica della comunità (ASSo, AN, 208, f. 310v., 1463.01.02; ivi, f. 311r.), a Bema della parentela (ivi, f. 89r., 1460.01.31; ivi, f. 89v.).

Donato Ruffoni rappresentò Bema come un comune diviso fra le sue le parentele (ASSo, AN, 127, f. 275v., 1428.12.02; ivi, f. 276r.), la comunità dei vicini di Morbegno come una nebulosa di individui di condizioni diverse e appartenenti a piccoli e numerosi nuclei familiari cui non importava dare visibilità, ricorrendo significativamente alla lista nel primo caso e non nel secondo (ivi, f. 238r., 1425.01.07). Tra Bema e Gerola lo stesso notaio introdusse distinzioni meno evidenti, ma altrettanto meditate, non conferendo nei due casi un’identica forza espressiva alla lista: il Ruffoni elaborò i verbali delle assemblee di vicinanza di quei comuni tra il novembre e il dicembre del 1428, passando attraverso due livelli di imbreviatura, una prima stesura più sbrigativa nel protocollo, una più curata nel quaderno. Egli ritrasse Bema entrambe le volte nello stesso modo, attraverso una lista articolata per parentele, che dunque avvertiva come un criterio d’ordine imprescindibile (ivi, f. 275v., 1428.12.02; ivi, f. 276r.; ivi, ff. 18v.–19r.; ivi, f. 19v.). Per Gerola la soluzione della lista gli apparve meno obbligata, non se ne servì infatti nel protocollo (ivi, ff. 17v.–18r., 1428.11.28), mentre la adottò sviluppando lo stesso documento nel quaderno, tuttavia senza riempirla di particolari contenuti classificanti (ivi, f. 274r.; ivi, f. 274v.).

Beltramo Guarinoni, abitante a Rasura, condivise a distanza di un cinquantennio la percezione di una profonda differenza tra il suo comune di residenza e Gerola, se stilando i verbali dei consigli di vicinanza del primo poneva un’attenzione finissima alla divisione per parentele, che si manifestava anche in originali accorgimenti grafici (ASSo, AN, 345, f. 133v., 1475.01.29), mentre redigendo quelli del secondo elencò i nomi dei convenuti senza ordine ed anzi omettendo spesso i loro cognomi (ASSo, AN, 344, f. 131v., 1468.01.24).

Infine Antonio Zugnoni, mediante una lista ininterrotta, vide Delebio come una realtà coesa o inarticolata (ASSo, AN, 872, f. 21r., 1523.01.01; ivi, f. 21v.), Gerola, dopo un mese, come un arcipelago di vicinati, trasposto in una pagina frazionata dalle righe bianche in diverse sezioni, in cui menzionava i rispettivi abitanti (ivi, f. 33r., 1523.02.08).


precedente precedente | torna sutorna su | successivo successivo