Gli affreschi nella sacristia maggiore di San Giovanni in Morbegno

«Te Deum laudamus».

L’affrescatore, che è anche magnifico quadraturista, orna la volta con la raffigurazione di Dio Padre in gloria. È possibile leggere questa scena luminosa come la prima e/o come l’ultima di tutto il programma figurativo, dal momento che il contenuto è interpretabile sia come ‘il fine’ che come ‘la fine’ di ogni esperienza umana vissuta in chiave di ‘culto’ [1]. Già la vocazione creaturale e poi quella cristiana è destinata essenzialmente ad laudem gloriae Eius. Al Padre –attraverso il Figlio e nello Spirito– va omnis honor et gloria, per omnia saecula saeculorum. Il dinamismo della dossologia del Canone della messa trova qui ostensione visiva. All’apice –circonfuso di luce aurea che sovrasta l’azzurro del cielo– sta Colui che è Principio e Fine di tutto: da Lui ogni storia trae origine e a Lui la creazione converge. La Scrittura Lo chiama «l’antico di giorni», dal braccio regale e dalla mano provvidente.
Nel contempo una fioritura di putti rappresenta il giardino di una eterna giovinezza. Mentre questi si affacciano dall’alto, come abitatori domestici dei cieli, altri due angeli corposi –si direbbe cresciuti sulla terra– salgono dal basso: sono dei turiferari alati, che a nome dei credenti offrono al Padre il profumo della fede e della carità. Il culto è celebrato mediante i riti sacri, ma li espande nel senso che essi sono fondamento della liturgia della vita.

Dio Padre

Volta della sacristia maggiore, Dio Padre.

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note

[1] Questa circolarità viene espressa, teologicamente e liturgicamente, con la formula complementare: «A Patre per Filium in Spiritu Sancto» e «Ad Patrem per Filium in Spiritu Sancto»