Pergamene sciolte dell’Archivio notarile di Sondrio.

1. Introduzione

1.1. La formazione della raccolta

1.1.1. I soggetti produttori e conservatori: alcune note

Prima del 6 ottobre 1807, data di istituzione dell’Archivio notarile del Dipartimento dell’Adda [8], in Valtellina e nei contadi di Bormio e di Chiavenna la trasmissione dei protocolli notarili avveniva per lo più per via di parentela, di padre in figlio; oppure «appresso del più utile nel’arte dela nodaria di essi descendenti». Così recitava il capo 24 degli statuti civili (Appresso de chi debbano restar l’imbreviature de nodari morti) compresi negli Statuti di Valtellina, promulgati nel 1531 dalle autorità grigioni dalle quali la Valtellina dipendeva a partire dal 1512 [9].

Questo meccanismo di trasmissione frammentata riduceva la possibilità di controllo e di tutela delle imbreviature [10], come aveva avuto modo di rimarcare Luigi Bossi, prefetto generale degli Archivi e delle Biblioteche della Repubblica Cisalpina. Lo stesso Bossi –al chiudersi della sua carriera, ma prima della riforma napoleonica sul notariato del 1806 [11]– scrisse l’opera Istruzione sugli archivi [12], con un capitolo che si occupa specificamente degli archivi notarili, nel quale rimarca la contraddizione della conservazione privata di carte di rilevanza pubblica. L’autore si sofferma nello stigmatizzare la situazione di rischio corso in particolare dagli archivi dei notai delle zone montuose delle Alpi, dove la frammentarietà risulta perdurante sino all’età napoleonica. Si trascrive un passo di quel denso capitolo:

«Tuttavia, dove non esiste l’Archivio di un Collegio notarile, né può molto prontamente erigersi un pubblico Archivio, è necessario d’impiegare ogni sforzo, onde cautelare possibilmente la conservazione delle minute, o matricole negli archivi notarili, che a distinzione dei primi potremmo chiamare privati, perché esistenti presso privati possessori. Si ottengono alcune opportune discipline a questo proposito, ove trovansi i così detti Collegi de’ notari, che alla morte di ciascuno di essi, ne riconoscono le rubriche, o i registri, s’informano del passaggio di queste carte; e ne cautelano al tempo stesso la conservazione, il buon ordine, e || la ben regolata edizione. Ma hannovi disgraziatamente de’ luoghi, sopratutto ne’ paesi montuosi dell’Italia, dove mancano tali Corpi, o dove non si estende l’attiva loro diligenza, ed è sopratutto da quelle regioni, che sovente sono giunti i più forti riclami pel mal governo, e per la sempre minacciata dispersione dei minutari originali [13]. Questo è un oggetto degno di tutta l’attenzione de’ governi, che potrebbero provvisoriamente riparare ad ogni inconveniente, o generalizzando la misura de’ Collegi notarili ben composti, e ben regolati ai || quali dovessero alla morte de’ notari rispettivi riferirsi, e parteciparsi imprescindibilmente i registri degli atti cadenti nella eredità; oppure affidando all’autorità locale politica, amministrativa o giudiziaria, l’ispezione immediata sui detti privati depositi, e l’incombenza di visitarli frequentemente, e di riferire al governo, ogni qual volta si rilevasse trascuranza nel metodo di conservazione, o altro qualunque disordine ne’ privati archivi» [14].

In Valtellina e nei Contadi l’istituzione dell’Archivio notarile dipartimentale costituì una rottura rispetto alle prassi precedentemente praticate e determinò il fluire di migliaia di volumi di imbreviature, frutto di sei secoli di attività notarile, presso la sede dell’istituto, stabilita a Sondrio nella confiscata chiesa del Suffragio.
Come ho avuto modo di approfondire in altra sede [15], queste carte –prodotte con soluzioni tecniche multiformi e in contesti variegati, trasmesse per canali diversificati, conservate con strategie molteplici– furono allora raccolte presso il nascente Archivio notarile dipartimentale dell’Adda, che si configurò come una sorta di collo d’imbuto uniformante, rispetto alle prassi attuate da dinastie notarili e alle soluzioni individuate da singoli professionisti [16]. Tutto si volle gestire e disciplinare in prospettiva panottica, secondo la concezione archivistica allora invalsa [17].
Anche le pergamene sciolte dell’Archivio notarile, come si avrà modo di rilevare nel corso di questa trattazione, testimoniano con chiarezza la precedente efflorescenza di percorsi di trasmissione di scritture, prodotte da notai che vivevano in differenti luoghi del dipartimento dell’Adda. E sostanziali differenze emergono già dall’analisi delle qualifiche dei professionisti che rogavano in Valtellina, o nel Contado di Bormio, o in quello di Chiavenna, o nell’énclave di Teglio. Si tratta di luoghi che, pur formalmente dipendendo dal Collegio notarile di Como, di fatto costituivano delle «membra disiecta» connotate da specificità [18].


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note

[8] Più in dettaglio e per i necessari riferimenti alle fonti e agli studi, cfr. come alla nota [4].

[9] Si riporta l’articolo citato: «È anco statuito che l’imbreviature de quelli nodari, li quali lassano descendenti, o uno o più rimangano appresso del più utile nel’arte dela nodaria di essi descendenti, purché sia idoneo & sofficiente di estrahere quelli ad arbitrio de consoli di la Giurisditione de tal nodari morti; ma se non lassarà alcuno descendente da lui nodaro, se diano al più prossimo parente da parte di padre, il quale sia della detta Giurisditione idoneo sofficiente & laudato come di sopra (...)» (Li Magnifici Signori delle Tre Eccelse Leghe, pp. 17–18).

[10] A più riprese si cercò di porre rimedio alla dispersione conservativa localmente affermata e di fatto riconosciuta dai citati Statuti di Valtellina del 1531. Furono attivate sia delle progettualità da parte di istituzioni locali (come nel caso del Consiglio della Valmalenco, ma anche del Consiglio di Valtellina), sia delle iniziative promosse in contesti privatistici ma avvallate dall’autorità governativa. Mai si giunse, tuttavia, a esiti risolutori e definitivi: PEZZOLA, «Scritture della veneranda arciconfraternita di Maria Vergine delle Grazie di Morbegno», pp. 129–214 (p. 137); MANGINI, «Infrascripta sunt necessaria sciri ad artem notarie», pp. 306–350 (pp. 307–309). Cfr. i numerosi riferimenti ai modi della trasmissione locale delle imbreviature in DELLA MISERICORDIA, Divenire comunità e in IDEM, Mappe di carte; dati relativi alla Valmalenco soprattutto in MASA, Fra curati cattolici e ministri riformati.

[11] In proposito cfr. MAZZANTI PEPE, Modello francese e ordinamenti notarili in età napoleonica, parte II: L’innesto del modello francese sulle tradizioni notarili italiane in età napoleonica, cap. III: Il Regno d’Italia («Regolamento sul notariato» del 17 giugno 1806), in MAZZANTI PEPE–ANCARANI, Il notariato in Italia dall’età napoleonica all’unità, pp. 175–203. Il titolo V, specificamente dedicato alla disciplina degli archivi, è commentato alle pp. 198–202. Il regolamento, che riprendeva quello francese del 16 marzo 1803, dispose la creazione di un Archivio generale in ogni capoluogo di Dipartimento e di Archivi sussidiari nei Comuni principali del Dipartimento.

[12] Istruzione sugli archivi, e sul loro regolamento stese dal cavaliere Bossi, prefetto generale degli archivi del Regno d’Italia, membro dell’Istituto nazionale. Il testo –inedito– è attualmente conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, con segnatura G 144 suss.; ma si segnala che il capitolo relativo agli Archivi diplomatici è edito in PEZZOLA, Angelo Fumagalli e le pergamene della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano: riflessioni di metodo ed episodi, in «Un tesoro infinito inveduto». Erudizione e documentazione a Milano tra XVII e XIX secolo, Atti della giornata di Studio: Milano, 7 giugno 2011 (in corso di pubblicazione).

[13] Riguardo all’utilizzo del termine originale riferito alle imbreviature e riguardo agli usi linguistici diplomatistici in età napoleonica mi permetto di rimandare a PEZZOLA, Premessa, in «Nel defetto delle relative matrici ed attesa la importanza dell’oggetto»

[14] BAMi, G 144 suss., Istruzione sugli archivi, pp. 237–238. I corsivi nel testo trascritto sono miei.

[15] Vedi nota [4].

[16] Cfr. quanto scrive M. Della Misericordia in riferimento alla famiglia Castelli Argegno di Morbegno: DELLA MISERICORDIA, Il mutamento: sei generazioni di un dinastia notarile, in Figure di comunità.

[17] Eric Ketelaar conia la definizione di archivio panottico, riferita agli archivi frutto dell’esperienza e della mentalità napoleonica. Come nell’architettura delle carceri, la soluzione panottica mirava ad un controllo uniforme e accentrato dei prigionieri, così negli archivi si mirò a una unificazione conservativa, frutto di una nuova cultura documentaria, politica e amministrativa. KETELAAR, The panoptical archive, pp. 144–150.

[18] Nel testo è ripresa l’espressione che dà il titolo al contributo di MANGINI, Membra disiecta del collegio notarile di Como, pp. 149–194; EADEM, Il notariato a Como, pp. 109–115.