2. La forma della comunità: culture locali nel mutamento

2.3. Un nuovo linguaggio condiviso: la gerarchia sociale (Valtellina, metà XV–inizi XVI secolo)

2.3.2. La discontinuità: dall’identità parentale e residenziale al prestigio individuale

Se a Morbegno il percorso fu relativamente lineare, come si è visto nel paragrafo precedente, altrove i verbali delle assemblee che alla fine del Quattrocento o all’inizio del Cinquecento accolsero la matrice gerarchica, mutarono profondamente, attraverso scarti, ripensamenti, abbozzi molto incerti, l’immagine della comunità che nella prima metà del XV secolo analoghi documenti avevano proposto. In Valle del Bitto è sensibile lo stacco impresso dal nuovo interesse per l’ordine gerarchico dei titoli di dignità rispetto alle soluzioni tradizionali (§ 2.2.3).

Per tutti gli anni Settanta, a Rasura, Beltramo Guarinoni riconobbe sì una precedenza ai ser e ai magistri, ma soltanto tra i loro agnati (ASSo, AN, 345, f. 133v., 1475.01.29). Il terreno per una sperimentazione più coraggiosa furono i documenti relativi alle assemblee dei parrocchiani di S. Giacomo di Rasura: una delle cinque parentele che lottizzavano gli uffici e le risorse del comune, i Pedesina, insediati nell’omonima contrada, non dipendevano da quella chiesa, cui erano per contro sottoposti alcuni piccoli nuclei agnatizi residenti oltre i confini comunali. La ripartizione di tale spazio associativo per blocchi lignatici diveniva quindi meno stringente, aprendo margini ulteriori di opzionalità. Il Guarinoni poteva semplicemente rinunciare alla lista e alla chiara delimitazione dei gruppi patrilineari (ivi, ff. 23v.–24r., 1472.06.11). Già redigendo un instrumentum sindicatus nel 1470, però, alterò l’ordine per parentele allo scopo di collocare al primo posto l’unico titolato, ser Vitale fu ser Lando Brocchi [31]. Nel 1481 si spinse oltre: lasciò i cognomi dei convenuti senza ordine, ma fece un tentativo, solo parzialmente realizzato, per riconoscere la precedenza di chi portava il titolo di ser. Notevole è soprattutto che, per collocare nei posti d’apertura i nomi degli esponenti di tre diverse parentele (Brocchi, Migazzi, de Zoardis) che se ne fregiavano, li separò dai loro agnati (ASSo, AN, 346, f. 173v., 1481.09.21).

Nel 1488 Pietro Curtoni continuava a concepire Rasura come un comune di parentele, ma gli parve opportuno enfatizzare la graduazione del prestigio piuttosto che la distinzione delle agnazioni. In quest’occasione, pertanto, le tensioni fra il testo e le opzioni ordinative del medesimo documento, nonché la veste grafica assai spoglia dello stesso, sembrano spia delle incertezze del notaio, posto presumibilmente di fronte ad una comunità in cui i criteri di tassonomia sociale non erano più unanimemente condivisi come pochi lustri prima. La formula di apertura del sindicatus fu, infatti, «convocata et congregata vicinia et universitate totius communis et hominum omnium parentelarum de Raxura». Il Curtoni, però, aprì poi l’elenco dei convenuti con una serie di titolati, interrotta solo per avvicinare i nomi di due figli a quello del padre, mentre non si preoccupò di accorpare quanti condividevano il cognome in sequenze omogenee (ASSo, AN, 320, f. 253v., 1488.08.19). All’inizio del Cinquecento il notaio Giacomo Brocchi non raccoglieva più i vicini di Rasura che avevano cognomi identici, mentre prestava attenzione alla precedenza in elenco di coloro che si fregiavano del titolo di ser, resi visibili dalla colonna con ampi margini e righe ben distanziate di cui si serviva (ASSo, AN, 487, f. 1r., 1508.12.31; ivi, f. 1v.).

Anche a Bema all’inizio del Cinquecento l’ordine per parentele fu disgregato da Giacomo Fontana per costruire un vertice unitario e gerarchico della comunità, ancora mediante la vera e propria estrazione di coloro che esibivano i titoli di ser dal corpo della loro agnazione e la loro collocazione in apertura degli elenchi (ASSo, AN, 812, f. 417r., 1522.11.23; ivi, f. 417v.).

Negli stessi anni a Cosio la trama dei vicinati e ancora delle parentele fu sacrificata al progetto di ricomposizione gerarchica del comune. Nella seconda metà del Quattrocento il dispositivo grafico della lista e il riconoscimento di titoli di dignità individuali potevano convivere in uno stesso documento, ad esempio quello rogato da Antonio Filipponi, senza però confluire in un prodotto di sintesi quale la sequenza ordinata per gradi di prestigio (ASSo, AN, 257, f. 165r., 1472.01.01; ivi, ff. 165v.–166r.). Trent’anni dopo, invece, si volle quell’incontro. Antonio Zugnoni Raimondini già nel 1505 adoperò una lista ben scandita, aperta da cinque uomini che portavano il titolo di ser, seguiti da un magister; solo un altro convenuto, che si fregiava del distintivo di ser, fu disperso nell’elenco (ASSo, AN, 641, f. 43r., 1505.11.30; ivi, f. 43v.). Nel periodo seguente lo stesso Antonio elaborò documenti ora più, ora meno curati, ma la tendenza verso l’enfasi per la reputazione individuale è sensibile. In particolare due atti rogati lo stesso giorno, il 7 giugno 1506, per due sessioni di un’assemblea di Cosio che non videro il concorso degli stessi uomini, mostrano al contempo i punti fermi e quelli mobili della concezione della comunità che il notaio veniva elaborando. Ancora mobile era il titolo che specificava la dignità individuale: Simone Zugnoni, Stefanino Bonini Pirondini, Simone Bonini erano qualificati una volta come domini, una volta come ser; meno dubbi aveva il notaio nel riconoscere la loro precedenza, dal momento che, con un distintivo o con l’altro, li situò comunque nei primi posti della lista. Si può dire, dunque, che l’eminenza sociale era concepita più nei termini di una relazione (di precedenza di alcuni individui rispetto ad altri) che di uno status irrevocabilmente attribuibile al singolo ed espresso dal titolo riferitogli. Antonio Zugnoni era inoltre convinto di dover ordinare in ogni caso l’assemblea che si teneva alla sua presenza sovrapponendole una griglia gerarchica, anche se perseguiva questo obiettivo con strumenti diversi: in un caso adottò una lista molto curata graficamente e limpida, su un’unica colonna, nella quale i domini erano perfettamente ordinati, in una sequenza continua cui era riconosciuta la precedenza su tutti gli altri nomi; a ridosso dei sette uomini eccellenti, raccolti però con minore rigore, c’erano altri vicini prestigiosi, designati come ser e magistri (ASSo, AN, 641, f. 74r., 1506.06.07). Nell’altro caso la lista si disponeva su due colonne, la scrittura era meno curata, ma un ulteriore espediente grafico suggeriva la disparità tra gli uomini che vi erano menzionati: la colonna di sinistra della prima pagina, quella aperta dalla sequenza dei ser, e dunque i nomi che questo titolo segnalava, occupavano uno spazio molto più ampio di quello riservato alla colonna di destra e ai non graduati che vi figuravano. Come in altri casi analoghi, la seconda pagina, in cui erano menzionati uomini di pari condizione, era articolata in due colonne dalle dimensioni più omogenee (ivi, f. 77r.; ivi, f. 77v.).



precedente precedente | torna sutorna su | successivo successivo

note

[31] ASSo, AN, 344, ff. 124r.–126r., 1470.11.26.