Appare improvvisamente, dopo i primi venti passi di via San Giovanni, la facciata restaurata di fresco della chiesa parrocchiale: è l’occasione per una riflessione sull’apparato decorativo realizzato da Stefano Salterio da Laglio tra il 1780 ed il 1782.
L’uso di materiali diversi (ghiandone della costiera dei Cèch, pietra molle, marmo di Musso, intonaco) orienta il trionfalismo barocco verso un gusto più decorativo e vibrante che si può cogliere nel merletto dei capitelli, dei timpani arcuati, dei vasi con fiamma sulla balaustra terminale.
La facciata si apre come una quinta teatrale ad andamento curvilineo, con un accenno di
abbraccio alla piazza, di ispirazione insieme borrominiana e berniniana.
In un ideale quadrato di 34 metri
per 34 metri vengono distribuite nove statue ed una serie di elementi decorativi: urne allusive al
Giordano (e quindi al Battesimo) ma anche all’unguento con cui la Maddalena lavò i piedi
di Cristo, e vasi con fiamma simboli della Carità.
Nelle nicchie inferiori sono le statue di san Pietro a sinistra, e di san Paolo a destra,
già patroni del borgo medievale: figure dall’impianto solenne ma non autoritario, dai volti rapiti in
una dimensione di serenità mistica tipica settecentesca.
Un robusto cornicione, ad andamento modulato
secondo i diversi passaggi orizzontali della facciata, segna ed al tempo stesso prepara il secondo ordine caratterizzato
da un’unica grande finestra. Il putto di sinistra rappresenta la Fede, il putto di destra la Speranza.
Nella nicchia di sinistra è la statua di Maria Assunta; nella nicchia di destra: san Giuseppe,
padre putativo, la figura più discreta ma affettivamente più solida nel suo quotidiano essere consolatore
e custode della vita terrena di Gesù. La decorazione sfuma ai lati con le più piccole statue di
Maria Maddalena e di Elisabetta, che si stagliano contro il cielo. Maddalena è la pia donna
straziata dalla perdita di Gesù; Elisabetta è la dolcissima figura della Visitazione, madre di Giovanni il Battista.
La balaustra di coronamento si alza là dove sono posti il cartiglio dedicatorio (A Cristo e al suo precursore – 1780) e l’orologio (nel timpano spezzato e piegato, in vertice). A sinistra è Mosè con le tavole della Legge, a destra è il re David: rappresentano il Vecchio Testamento, la cui connessione con il Nuovo è proprio il Battista. Al culmine della ‘fabbrica’, su un basamento che riporta la data di conclusione della struttura architettonica, il 1779, poggia la statua trionfante del Redentore, di artista ignoto.
San Giovanni Battista non ha una propria statua; è invece ricordato dal medaglione marmoreo
realizzato su disegno di Gian Pietro Romegialli e posto sopra il portale d’ingresso.
L’iconografia unisce due fonti ispirative: il Vangelo di san Giovanni e l’Apocalisse.
Dal primo (1, 36) deriva l’attributo simbolico dell’agnello al Battista che «vedendo Gesù venire verso
di lui disse:
–Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo–».
Nell’Apocalisse, Giovanni narra la visione di un agnello che scioglie i sette sigilli del libro
che contiene i decreti della volontà
divina sulla storia umana fino agli ultimi giorni, in cui il Bene trionferà sul Male e dall’agnello scaturirà
la vita (i quattro fiumi).
L’eloquenza ‘visiva’ della facciata della chiesa di San Giovanni Battista riassume quindi la storia della Salvezza dal Vecchio al Nuovo testamento.
Evangelina Laini
Fotografie di Ugo Zecca
Data di pubblicazione: 13 ottobre 2006