Passeggiate nei Cèk

L’oratorio dei confratelli di Civo



il poggio

Giunti presso la chiesa parrocchiale di Civo, dedicata a Sant’Andrea apostolo, notiamo il vasto prato che la circonda, un tempo cimitero, oggi ancora rispettosamente conservato come spazio a sé stante. Già il contesto esterno, in breve tempo, ci permette di dimenticare il fondo valle, laborioso e caotico, e ci prepara spiritualmente ad entrare all’interno della seicentesca chiesa che, come altre della zona, è a navata unica, solenne, ricca di pregevoli opere d’arte e adatta alla contemplazione.

Le sorprese, però, non finiscono perché varcata, con l’aiuto del sacrestano, una porta posta nel retro dell’altare maggiore si accede all’oratorio dei confratelli. Si tratta di un piccolo locale di m 4,30 x 5, alto circa m 4,5, che un tempo fu l’abside della precedente chiesa anch’essa dedicata a Sant’Andrea. La disposizione ad oriente e gli archi ogivali nella volta a crociera della sua copertura interna confermano le origini antiche, per lo meno quattrocentesche, di questa abside che, a differenza di altre della zona (Traona, Roncaglia, Caspano) di cui rimangono solo resti, ha mantenuto il suo aspetto originale sia a livello strutturale che decorativo.
Tutto questo è stato possibile soprattutto grazie alla presa di possesso del luogo da parte della confraternita del Santissimo Sacramento la quale – fondata (o rifondata) a Morbegno il 9 agosto 1664, e poi di nuovo giuridicamente riconosciuta dal vescovo di Como Francesco Bonesana nel 1706 – durante i lavori seicenteschi di ricostruzione della parrocchiale salvò l’antica abside dalla sua probabile distruzione, adibendola ad oratorio e sede sociale.
Nel corso dei secoli la confraternita, fortunatamente, non ha apportato modifiche all’oratorio, sicché entrandovi ai giorni nostri pare di fare un tuffo nel passato, immedesimandosi in uno dei tanti fedeli che tra Quattro e Cinquecento conduceva la sua vita da cristiano prendendo spunto dagli affreschi presenti nell’abside della sua chiesa parrocchiale.


La parete estLa Crocifissione.

La parete di fondo dell’edificio, un tempo riservata all’altare maggiore presenta, come in molte altre chiese costruite tra Quattro e Cinquecento, una grande Crocifissione racchiusa da una elegante cornice formante un arco a tutto sesto. Al centro del dipinto sta una grande immagine del crocifisso che fa da spartiacque dell’intero affresco: alla destra e alla sinistra sono raffigurati tutti gli altri personaggi disposti in modo simmetrico e bilanciato. Abbiamo innanzitutto i due ladroni: alla sinistra della croce è posto quello «buono», chiamato nei vangeli apocrifi Tito o Demas (o Disma), il cui pentimento per le sue azioni malvagie è messo in mostra dalla presenza sul suo capo di un angelo che solleva la sua anima in paradiso; alla destra quello «cattivo», chiamato Dumaco o Gestas, dallo sguardo severo, arrabbiato e tragico; dalla sua bocca, spalancata, esce un diavoletto che gli preleva l’anima per trascinarla all’inferno. Questo particolare non proviene dai Vangeli, i quali affermano la salvezza del «buon ladrone» ma nulla dicono circa la destinazione di quello cattivo, ma dagli scritti apocrifi. Altra sottolineatura, piuttosto rara in zona, proviene dalla raffigurazione dei seni, notevolmente enfatizzati, che sono femminili. Il particolare allude al fatto riferito dall’apocrifa Dichiarazione di Giuseppe d’Arimatea che descrive il peccatore assassino come uno che «alle donne, appese per i calcagni con la testa in basso, tagliava i seni, e si compiaceva di bere il sangue dai corpi dei bambini» (Dichiarazione di Giuseppe dai Arimatea, 1,2).
Ai piedi della croce troviamo a sinistra Maria Maddalena, a destra san Giovanni evangelista; tra Gesù e il buon ladrone vi è un soldato a cavallo il quale nelle sembianze di un cieco trafigge, con una lancia (da qui il nome Longino attribuitogli dalla Tradizione), il costato di Gesù. La Leggenda Aurea narra anche che una goccia del sangue di Gesù gli fece ricuperare la vista.
Tra Gesù e il cattivo ladrone troviamo il centurione, anch’egli a cavallo, che afferma: «Vere filius Dei erat iste» («Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio»: Mc 15,39), frase che gli esce dalla bocca a mo’ di fumetto. Ai piedi dei due soldati abbiamo a sinistra il soldato, chiamato Stephaton, che porge a Gesù una spugna imbevuta di aceto (l’unico che non ha una corrispondenza simmetrica nell’altra parte dell’affresco) che, in segno di disprezzo per questo gesto, è morso nella fronte dal cavallo di Longino, e un soldato con scudo e lancia, mentre alla destra un soldato intento a rompere le gambe del cattivo ladrone.


CrocifissioneParticolare della Crocifissione

Alla sinistra del buon ladrone abbiamo un soldato a cavallo con le insegne imperiali, al quale corrisponde, alla destra del cattivo ladrone, un altro soldato anch’esso con le insegne imperiali. Ancora alla sinistra di Cristo, troviamo la Madonna addolorata sorretta dalle due Marie e un soldato posto in secondo piano, alla destra tre soldati romani che tirano a sorte la tunica di Gesù.
Sole e luna, posti sopra la croce e, rispettivamente, a sinistra e a destra, tra altre letture simboliche, indicano la partecipazione del cosmo al terribile evento. Sopra la croce, tra il sole e la luna, troviamo la figura del pellicano, simbolo di Gesù che si sacrifica per tutti noi, contrapposta ad un teschio posto ai piedi della medesima, in ricordo del Calvario (luogo del cranio) e della sepoltura che, secondo alcune leggende medioevali, sarebbe avvenuta sul Golgota.
Sullo sfondo abbiamo un paesaggio e due castelli anch’essi perfettamente bilanciati, l’uno posto a sinistra, l’altro a destra. Crocifissione Al di sotto della Crocifissione troviamo, da sinistra, un riquadro con l’immagine di Cristo morto tra gli strumenti della Passione: è la Imago pietatis, summa figurativa comune a molti pittori quattrocenteschi, che visibilizza tutti i dettagli narrati dalla Leggenda aurea, tanto determinante in questo contesto iconografico. Secondo una rilettura moralistica vari strumenti possono alludere anche mestieri o attività che, svolti di domenica, erano un tempo equiparati alle torture inflitte al Salvatore. Continuando abbiamo quattro personaggi, forse profeti con, al di sotto di essi, quattro teste coronate, particolare presente anche nelle altre pareti. Sulla mensola del costolone di sinistra è presente lo stemma della famiglia Parravicini e su quella di destra quello dei nobili Asinaghi.


La parete sudLa parete sud

Nella parete sud sono raggruppate tre scene che, partendo da sinistra verso destra, raffigurano: il corteo dei Magi (secondo la tradizione Gaspare, Melchiorre e Baldassarre), la natività, separata dalla precedente scena da una finestra, e l’annuncio ai pastori. In basso e a destra di questo ciclo pittorico, entro un piccolo riquadro, abbiamo san Girolamo affiancato dai santi Rocco e Sebastiano. Sulle mensole dei due costoloni è raffigurato, da una parte, il già citato stemma della famiglia Asinaghi e, dall’altra, quello dei nobili Sanfedeli. Infine, al di sotto del ciclo pittorico, come nella parete di fondo, troviamo quattro teste coronate in cattivo stato di conservazione. Di questo ciclo figurato è importante sottolineare soprattutto la presenza di una daga, o spada corta detta cinquidea, stretta ai fianchi da Melchiorre, in quanto elemento datante. Questa arma, non comparendo in Italia prima del 1480, ci permette infatti di ritenere gli affreschi posteriori a questa data.

La controfacciata, aggiunta quando il luogo divenne oratorio dei confratelli, sebbene imbiancata, presenta tracce della antica costruzione come l’arco d’ingresso su cui sono raffigurate le virtù teologali e cardinali e il basamento destro della stessa dove possiamo notare una piccola scena contenente alcuni storpi che invocano un miracolo presso l’arca di sant’Andrea e un mascherone particolarmente rovinato. Nell’intradosso dell’arco d’ingresso compare un frammento di profeta, segno tangibile che la parete un tempo non era murata.

La parete nord ci offre, nella lunetta, la chiamata di sant’Andrea, titolare dell’edificio, unica scena di provenienza evangelica a cui seguono, al di sotto, due serie di episodi, in quattro quadretti ciascuna, di carattere leggendario, raffiguranti la vita del santo tratti dalla Legenda aurea e da alcuni scritti apocrifi.


La parete nordLa parete nord

Cominciando dalla prima fila e da sinistra troviamo il primo quadretto in cui è raffigurato Andrea mentre caccia dalla città di Nicea sette demoni trasformandoli in altrettanti cani. A questo segue un quadretto, molto più piccolo del precedente, raffigurante il santo che, a Nicodemia, risorge un bambino sbranato da sette cani (gli stessi che, nell’episodio precedente, furono cacciati dall’apostolo dalla città di Nicea). Continuando abbiamo un altro miracolo compiuto dal santo: la risurrezione di quaranta uomini annegati in mare. Segue, entro un quadretto molto deteriorato la predicazione di sant’Andrea nella città di Patrasso dove, grazie ad un miracolo, convertì alla nuova religione anche Massimilla, moglie del proconsole Egea.
Procedendo verso il basso, abbiamo una seconda fila di quadretti, molto diversa stilisticamente dalla prima, in cui, da destra verso sinistra, sono raffigurati il processo, la flagellazione, la crocifissione e l’apparizione di Andrea ad un vescovo che pranzava col demonio. Al di sotto di quest’ultima scena abbiamo un riquadro, anch’esso gravemente rovinato, raffigurante il sepolcro di sant’Andrea con nei pressi una croce latina, simbolo del martirio del santo e, in un frammento, vi è una donna con le mani giunte identificabile con tutta probabilità in Massimilla.

assunzione L’edificio è coperto da una volta a crociera che, vista dal basso verso l’alto, assomiglia ad una cupola nella quale, attorno al punto d’incontro dei costoloni in cui vi è dipinto il volto di Gesù risorto, ruota uno spazio delimitato da una doppia fascia: la prima, color bianco, un tempo con scritte, la seconda, con varie sfumature di marrone, entro la quale sono raffigurati due episodi della vita della Vergine e cioè l’assunzione e incoronazione l’incoronazione e, due a due, i quattro dottori della Chiesa occidentale: Gregorio e Girolamo (nello spicchio di sinistra), Ambrogio e Agostino (nello spicchio di destra). Al di sotto della fasciatura vi sono otto spicchi su cui sono raffigurati altrettanti angeli musicanti. Gli otto spicchi starebbero a figurare i quattro pinnacoli della cupola suddivisi in due parti simmetriche dai rispettivi costoloni.

La disposizione dei dipinti rende l’oratorio simile ad un polittico che, generalmente, era composto dalla sovrapposizione di tre strati: la predella, le tavole centrali e, infine, la cimasa. La parte inferiore della parete di fondo potrebbe corrisponde alla predella. In essa, infatti, troviamo evidenziata l’umanità simboleggiata dalle teste coronate e dai profeti posti al di sotto della Crocifissione.
La fascia centrale presenta la Crocifissione con ai lati due cicli pittorici che si potrebbero ritenere le “due ante” poste al lati del polittico. La prima “anta” raffigura storie della vita di sant’Andrea, a cui il tempio è dedicato, mentre la seconda presenta episodi della vita di Cristo e della Vergine (il Corteo dei Magi, la Natività e l’Annuncio ai pastori). Tema sono dunque le testimonianze di santità nella storia dell’uomo.
La terza fascia, la cimasa, è costituita dalla volta ed è riservata alla divinità, rappresentata da Cristo risorto, posto al centro della volta, intorno al quale vi sono i serafini, la Madonna, presa al momento della sua assunzione e incoronazione, e dai quattro dottori della Chiesa occidentale.


Annuncio ai pastoriParete sud – Annuncio ai pastori

Da un altro punto di vista, si può dire anche che gli artisti (è stilisticamente opportuno parlare al plurale) hanno voluto raffigurare, in uno spazio limitato, l’intera storia della salvezza. Nella parte inferiore, la predella, troviamo un insieme di teste coronate che potrebbero essere i re dell’Antico Testamento. Ad essi è annunciata la Parola salvifica da parte dei profeti, rappresentati dai quattro personaggi presenti nella parete di fondo. Questa Parola si fa carne e viene annunciata direttamente a tutti gli uomini dapprima da Gesù, chiaramente indicato con alcuni episodi della sua vita, soprattutto nella sua nascita e nella sua morte; quindi dalla predicazione degli apostoli, espressa da alcuni episodi della vita di sant’Andrea.
Il tutto ha come fine il raggiungimento della vita eterna o beata raffigurata, non a caso, nella volta a crociera e disegnata a forma di cupola. Per questo gli artisti hanno evidenziato il volto di Cristo risorto dipingendolo al centro della volta. Gesù diventa il centro e il fine della vita di ogni cristiano.
Attorno a Cristo c’è una miriade di serafini e alcune persone che hanno raggiunto questo stato di beatitudine: la Chiesa celeste rappresentata dalla Madonna e dai quattro dottori della Chiesa occidentale.


Angeli musicantiAngeli musicanti

Chiaramente, questo complesso lavoro non poteva essere solo frutto della spiritualità di alcuni semplici artisti e neppure opera soltanto di qualche famiglia nobile, raffigurata col proprio stemma, certo all’origine di generose elargizioni di denaro. Si può, quindi, pensare che nell’edificio svolgesse la sua attività una comunità religiosa molto vicina all’Ordine francescano di cui una sua comunità di Terziari era presente, tra Quattro e Cinquecento, nel convento a San Giovanni Bioggio, sopra Traona.
Nulla esclude che questi religiosi avessero nelle vicinanze del loro convento alcuni luoghi utili per vivere nel migliore dei modi la loro regola che prevedeva una dimensione contemplativa e una caritativa. L’aspetto contemplativo era vissuto, con conferma anche documentaria, nell’oratorio dei Sette fratelli dove i frati andavano a fare vita eremitica; La seconda dimensione della regola, quella caritativa, poteva essere adempiuta dai frati nel gestire in Civo una casa, identificabile con tutta probabilità in Casa Camero, con funzione di ospitalità per viandanti e forse anche di assistenza per ammalati o bisognosi. Nulla toglie, quindi, che i Terziari di San Giovanni Bioggio siano stati anche i committenti, o quanto meno gli ispiratori, degli affreschi dell’oratorio dei confratelli di Civo, un tempo abside della chiesa parrocchiale, e forse anche di altri cicli pittorici presenti in chiese poste nelle vicinanze.



Piergiovanni Damiani

Fotografie di Ugo Zecca

Data di pubblicazione: 12 agosto 2011





Per approfondimenti: P. DAMIANI, L’oratorio dei confratelli di Civo, religiosità popolare ed arte in Valtellina tra Quattro e Cinquecento, Sondrio, Società Storica Valtellinese, 2003.



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