2. La forma della comunità: culture locali nel mutamento

2.4. Un esito parallelo: l’articolazione interna delle comunità (contrade, comuni rurali, federazioni) e la rappresentazione analitica e non gerarchica dell’ordine territoriale

2.4.5. L’università di Valcamonica: l’articolazione degli uffici e il concorso nobiliare

In Valcamonica l’opzione per un’immagine analitica e non sintetica dell’università è netta quanto in Valtellina. I registri prodotti dalla cancelleria di valle e conservatisi consentono di analizzare in realtà un periodo piuttosto tardo, che inizia con l’ultimo decennio del Quattrocento. Più antiche e sporadiche scritture notarili, comunque, confermano come pure in quest’area in generale le azioni politiche in cui concorressero più comuni sollecitassero la messa a punto di modelli granulari, capaci di garantire le visibilità dei diversi soggetti territoriali che pure si coordinavano fra loro (ASMi, AN, 241, f. 258r., 1424.04.03).

In Valcamonica, però, gli stessi moduli, confermando la propria flessibilità, si prestarono anche a precisare i diversi connotati della comunità di valle rispetto all’omologa formazione valtellinese (cfr. § 2.4.4). Qui l’unità politico–istituzionale della valle era più robusta che in Valtellina e, in parallelo, il soggetto che la interpretava – l’università – ebbe un ruolo più incisivo e articolò più ampiamente la propria organizzazione burocratica (alla fine del Quattrocento operavano il sindaco generale, la figura guida, due livelli consiliari, magistrature con mansioni specializzate, mentre in Valtellina era attivo solo il Consiglio generale, non affiancato da veri e propri ufficiali); al contempo l’aristocrazia locale, specialmente la parentela dei Federici, mantenne una più salda influenza politica. Questi tratti suggerirono ai cancellieri di Valcamonica specifiche interpretazioni della realtà locale. Con i loro documenti intesero sicuramente rappresentare la stretta attinenza dei consiglieri e degli ufficiali alle unità costitutive dell’università (pievati e comuni), con accorgimenti molto simili a quelli impiegati in Valtellina; molta enfasi, però, diedero pure all’ampio dispiegarsi delle magistrature di valle. Pertanto, invece che ricorrere alla lista dei convenuti in uso in Valtellina, di solito uniforme o articolata molto poveramente, i cancellieri di Valcamonica scandivano le colonne in modo minuto, interrompendole con righe lasciate bianche, accrescendo la visibilità delle annotazioni apposte ai margini o al centro delle colonne stesse, che identificavano i membri del Consiglio segreto, del Consiglio generale, i ragionieri, gli elettori degli altri magistrati (electionarii), gli aggiunti e i deputati, ribadendo con le graffe o le parentesi l’unità interna di quegli uffici. Tali soluzioni erano adottate tanto nei ruoli delle cariche rinnovate all’inizio dell’anno (RP, Registri, 2, f. 1r., 1502.01.01; ivi, f. 1v.; ivi, f. 2r.; ivi, f. 2v.; ivi, f. 3r.; ivi, f. 3v.; ivi, f. 4r.), una tipologia documentaria assente in Valtellina, quanto negli elenchi dei convenuti alle assemblee ordinarie (RP, Registri, 2, f. 167v., 1508.08.09; ivi, f. 168r.).

Per quanto riguarda la seconda peculiarità identificata, la parentela nobile dei Federici mantenne il ruolo che in Valtellina lo stesso strato sociale vide messo in discussione nel XVI secolo, e continuò a concorrere con i propri uomini, accanto alle formazioni a base territoriale, alla costituzione delle commissioni speciali, dei consigli e delle magistrature. Pertanto la rappresentazione analitica della federazione e dei suoi uffici segnalò sempre, accanto ai designati pro communi e pro plebatu, anche gli intervenuti pro nobilibus o pro domo de Federicis. Non si trattava certo, sulla carta come nella vita politica, di una pacifica coabitazione. L’estimazione del 1476, ad esempio, fu accompagnata da un contenzioso fra la comunità e i Federici, che affrontò le questioni non solo del loro impegno fiscale, ma pure del loro ruolo nelle magistrature di valle. Si comprende, allora, in quale misura il frontespizio dei successivi documenti che, nel 1476 (Archivio storico civico di Brescia, Codice diplomatico, 18.27, f. 99r., 1476.02.05) e nel 1492 (RP, cart. 77, fasc. 1, f. 1r., 1492.11.22; ivi, f. 1v.), valutavano la ricchezza di uomini e nobili di Valcamonica, nel momento in cui rappresentava il concorso dei primi e dei secondi alla redazione, divenisse un luogo di contrattazione dei ruoli e di idealizzazione del rapporto di collaborazione che i patti stipulati fra le parti nel 1477 avevano tentato di istituire [37]. È pure significativo che i cancellieri, quasi per evitare di sbilanciarsi in una scelta impegnativa, negli stessi documenti – come quelli qui citati –, situassero i nobiles talvolta all’inizio, talvolta alla fine della sequenza dei nomi dei componenti di una magistratura o di un consiglio, vale a dire senza riconoscere e senza negare una volta per tutte una loro eventuale precedenza rispetto ai rappresentanti dei comuni. Invece, al contrario di quanto avveniva in Valtellina alla fine del Quattrocento, i nomi dei nobili non venivano mai inseriti all’interno dell’elenco dei procuratori dei comuni, avvicinandoli a quelli degli individui che agivano per la stessa località in cui i Federici risiedevano. Se di nuovo è possibile interpretare un elenco come una stilizzazione dei rapporti politici, allora si direbbe che in Valtellina alla fine del XV secolo fu sperimentata sulla carta quell’inclusione, in un secondo momento effettivamente realizzata, della nobiltà all’interno dello spazio (territoriale, istituzionale e documentario) che il comune rurale strutturava; in Valcamonica, invece, quest’ipotesi non interessò i cancellieri dell’università di valle, che continuarono a collocare i nobili «a parte», in una posizione di affiancamento, ma pure di chiara distinguibilità, come voleva la consolidata tradizione del loro privilegio.


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note

[37] Archivio di Stato di Brescia, Fondo Federici, 5, 1128, 1477.01.16.