2. La forma della comunità: culture locali nel mutamento

2.3. Un nuovo linguaggio condiviso: la gerarchia sociale (Valtellina, metà XV–inizi XVI secolo)

2.3.4. I criteri della gerarchia: verso soluzioni più stereotipate

I criteri di costruzione dell’ordine gerarchico confermano la tendenza più generale ad abbandonare le sperimentazioni peculiari, a favore di soluzioni più largamente condivise. Quello di magister, attribuito agli artigiani, era certamente un titolo, però non era tenuto in speciale considerazione: di norma non concorreva, insieme a quelli di miles, dominus, ser e così via, a definire graduatorie del prestigio. Ad esempio, nelle liste stilate dai notai morbegnesi non veniva valorizzato (ASSo, AN, 171, f. 41r., 1456.02.29; ivi, f. 41v.; ASSo, AN, 667, f. 353r, 1517.01.04; ivi, f. 353v.; ASSo, AN, 669, f. 136r., 1523.01.04; ivi, f. 136v.). Nei villaggi della Valle del Bitto, al contrario, non abitati da cives forenses e da nobili, luoghi invece di fiorenti produzioni artigiane, fra cui spicca la lavorazione del ferro, nonché di emigrazione altamente qualificata proprio da tali attività, i magistri godevano di una reputazione sociale che venne rappresentata in modo formale. A Bema nel 1428 l’unico magister menzionato precedeva, all’interno della sua parentela, il consanguineo che portava il titolo di ser (ASSo, AN, 127, f. 276r., 1428.12.02). A Gerola, spesso, la lista dei convenuti ai consigli di vicinanza iniziava proprio con i magistri, mentre il grado di ser veniva valorizzato solo in subordine a quello o addirittura del tutto trascurato, tanto che il notaio poteva disseminare casualmente nell’elenco i nomi di coloro cui lo assegnava (ASSo, AN, 318, f. 65v., 1464.02.02). Anche a Rasura ai magistri veniva tributato un riconoscimento che talvolta li premiava rispetto a chi portava il titolo di ser (ASSo, AN, 344, f. 130r., 1468.01.18), come pure a Pedesina (ASSo, AN, 319, f. 94r., 1474.02.15) o nella località Valle di Morbegno (ASSo, AN, 812, ff. 190v.–191r., 1520.11.30). Alla fine del secolo, un’assemblea di vicinanza a Pedesina di cui si tenne una doppia convocazione, lo stesso giorno, rivela i criteri di gerarchizzazione ambigui che il notaio autore di entrambi i documenti considerava: in ogni caso, i ser e i magistri, pure in un rapporto non del tutto risolto tra loro, furono premiati dalla precedenza rispetto agli altri nomi (ASSo, AN, 508, f. 529r., 1495.01.19; ivi, f. 530r.).

In seguito questo modello apparve meno competitivo rispetto ad un ideale alternativo che, è noto, nell’Italia del Rinascimento, separava più nettamente saperi artigiani e prestigio sociale. Così, all’inizio del Cinquecento, anche in Valle del Bitto – come mostrano gli esempi di Albaredo (ASSo, AN, 670, f. 17r., 1524.01.17), Rasura (ASSo, AN, 487, f. 1r., 1508.12.31) e Bema (ASSo, AN, 812, f. 417r., 1522.11.23; ivi, f. 417v.) – una più convenzionale gerarchia, che gratificava chi si fregiava del distintivo di ser, finì col rimpiazzare quella, più originale e tipica, che aveva valorizzato le competenze professionali dei magistri.


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