Il notariato nell’arco alpino.
Produzione e conservazione delle carte notarili tra medioevo ed età moderna.

Trento, 24–26 febbraio 2011

Convegno promosso dall’Università di Trento – Dipartimento di Scienze Giuridiche e Dipartimento di Filosofia Storia e Beni Culturali –, dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto e dalla Fondazione Bruno Kessler.


L’impostazione comparativa e diacronica del convegno è stata la sua principale cifra vincente, come sottolineato anche da Giorgetta Bonfiglio Dosio nella tavola rotonda conclusiva, dando voce a un corale sentire. La dilatazione spazio–temporale ha offerto la possibilità di comparazione, su tempi lunghi, di numerose realtà territoriali diverse: il Trentino (Varanini, Stoffella, Lo Preiato, Cagol, Curzel); il Piemonte (Mongiano, Mineo), la Lombardia comasca e valtellinese (Mangini, Pezzola), il Bellunese (Miscellaneo, Bartolini), Trieste (Cammarosano), il Patriarcato di Aquileia (Haertel, Davide), la città e il suburbio di Bolzano (Obermair, Mura). Contesti diversi, amministrativamente inseriti entro differenti quadri istituzionali, ma in un’area – quella delle Alpi – con tratti di omogeneità, quali: la sovrapposizione di poteri pubblici; l’assenza di grandi città, intese come elementi di coordinazione del territorio; l’itineranza dei notai; l’assenza (o la debolezza) di una organizzazione professionale, quale elemento per la formazione di una solida autocoscienza, decisiva per porsi come interlocutori efficaci del potere pubblico (Bartoli Langeli).

Proprio questa scelta di impostazione metodologica del convegno e le sottese motivazioni, illustrate limpidamente da Diego Quaglioni in apertura del consesso, hanno condotto a esiti fecondi per iniziare a tracciare un modello interpretativo (sia pur storicamente necessitante di ‘maglie larghe’) riguardo ai modi della produzione delle scritture notarili e della loro conservazione, nello scorrere dei secoli. Ha preso così forma la delineazione di un primo schema organizzativo utile per creare nessi multiformi e periodizzati tra le prassi di produzione documentaria notarile e il mutare delle sensibilità e delle pratiche archivistiche. Si è riflettuto, a tale proposito, sulla circolazione di modelli descrittivi e sulla condivisione (o meno) di criteri d’ordine, in relazione al mutare delle esigenze dell’amministrazione, alle urgenze della politica, alle diverse formulazioni e interpretazioni del Diritto, ai rapporti con i poteri (Bonazza). E tale visuale critica ha riguardato sia la percezione interna a ciascuna epoca, sia la riflessione storiografica retrospettiva (come nello spinoso caso illustrato da Albertoni sul Tirolo medievale negli anni tra le due guerre).

Le storie degli archivi testimoniano, per certi loro tratti, una archivistica comune ai diversi contesti locali, come evidenziato in particolare nella relazione di Andrea Giorgi e di Stefano Moscadelli. Ancora una volta il Seicento emerge come secolo cruciale nella tradizione degli archivi, nella elaborazione di modi di descrizione e “di rimessa in forma della memoria” (Bonfiglio Dosio), anche nei suoi aspetti più prettamente materiali (cfr. i casi di Belluno, di Como e di Sondrio). E accanto al Seicento l’età napoleonica ha assunto, durante il convegno, una fisionomia legislativa e archivistica sempre più riccamente documentata da casi e da esperienze (Cagol, Mineo, Pezzola). Inoltre, le riflessioni circa gli archivi dell’Italia Unita, a partire dalla Commissione Cibrario del 1870, è testimonianza pure dell’affermarsi di un nuovo pensiero archivistico, preludio alla riflessione sul metodo storico (Giorgi, Moscadelli). E ancora: il nuovo capitolo dell’oggi, con i problemi antichi intrecciati a quelli nuovi (in particolare, questi ultimi, legati all’universo del documento digitale e agli interrogativi legati alla sua conservazione) (Piccoli).

Nel contempo la comparazione ha permesso di meglio valutare i tratti delle specificità locali, per una loro più profonda analisi; ha consentito altresì di profilare il problema delle comunicazioni e della presenza (o meno) di permeabilità nella ricezione di modelli (Bellabarba, Obermair), di cogliere tratti di ‘contaminazioni’ nelle soluzioni adottate in vista della produzione e della conservazione delle scritture in alcune zone, come quella del Patriarcato, che può essere a buon titolo definita come “cuneo di cultura” (Haertel).

Entro una messe di dati particolari e di soluzioni pragmatiche poste in essere dai differenti responsabili della custodia delle carte nello scorrere dei secoli, la figura del notaio appare quale “cerniera dal Medioevo a oggi, tra teoria e pratica, fra modelli e adattamenti” (Bonfiglio Dosio). Una figura strategica: comune denominatore, oggi, di moltissime informazioni locali sulla conservazione delle sue carte. Esse forniscono cospicue varianti per rileggere la figura del notaio dentro una realtà notarile complessa, qual è quella italiana, specie se osservata in diacronia. Quel che risulta è che la figura del notaio resta sostanzialmente immutata nello scorrere del tempo (publica fides, funzione antiprocessuale, data certa...); mentre ciò che cambia è il suo rapporto con la società. Soprattutto all’inizio dell’età moderna, non è più sufficiente che lui solo, come professionista, detenga l’esclusiva responsabilità della conservazione e della ‘manutenzione’ delle scritture. Sempre più prende forma una pressione che porta a mutare l’organizzazione, l’ordine degli archivi dei notai (Fissore).

L’intrecciarsi degli interventi dei relatori ha sempre più posto in evidenza le sollecitazioni provenienti dall’archivistica alla diplomatica, e viceversa: scienze percepite quali osmotiche e fortemente compenetrate nelle premesse e negli obiettivi, sinergiche per la comprensione del tema entro una necessaria ottica multidisciplinare e curiosa.
Nel contempo si sono individuate necessarie piste di approfondimento. Per i futuri sviluppi della ricerca si sono profilati alcuni temi da privilegiare, e soprattutto: la vischiosità dei rapporti tra istituzioni civili ed istituzioni ecclesiastiche, i criteri di descrizione e di ordine diffusi nei secoli, le questioni linguistiche (non disgiunte dal multigrafismo notarile), il problema degli allegati conservati negli archivi notarili, il rapporto (e la sua percezione mutevole) di originali e di copie. E ciascuna di tali tematiche appare necessitante di ulteriori ricerche e verifiche condotte con il medesimo approccio, attento ai tempi lunghi e alla ‘coraggiosa contaminazione’ delle discipline.

Rita Pezzola



Il convegno in rete (Università degli Studi di Trento):

Programma del convegno

Le relazioni in video

Relazioni del 25 febbraio 2011

Relazioni del 25 febbario 2011 presso la Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto (foto di A. Granati).


Data di pubblicazione: 05 marzo 2011

torna su torna su