Pietro Bossi: organista a Morbegno (1864–1896)

Presentazione

«…per l’onore di cui mi viene pregiando…». Così si legge nella lettera del 7 settembre 1863 che Pietro Bossi indirizzò alla Fabbriceria di Morbegno, in ringraziamento per la sua assunzione. In reciprocità, oggi, la cittadinanza di Morbegno potrebbe ricambiare l’identica espressione al musicista quale restituzione dell’onore a lei toccato per quella presenza.
A ridare volto e voce al maestro che –in pace e pressoché ignorato– riposa nel cimitero di San Martino, dopo avere offerto alle chiese cittadine un servizio più che trentennale «con tutto lo zelo onde render soddisfatti chi ebbe la bontà di assumerlo», è stato Marco Ruggeri, eminente concertista d’organo e impegnato musicologo attivo a Cremona. La sua pubblicazione più recente –quarto volume della collana “Organi storici cremonesi” da lui diretta con don Giuseppe Ferri [1] – sorprende perché configurata, paradossalmente, come un’opera valtellinese più che cremonese. L’autore ha gentilmente concesso alla Associazione Ad Fontes di pubblicare la parte più cospicua del suo impegno di ricerca archivistica, di trascrizione di fonti e di ricostruzione storica: quella sezione che ha per oggetto specifico la figura di Pietro Bossi, cittadino di San Bassano di Cremona, ove iniziò la sua carriera musicale [2].
Assunto, ormai trentenne, quale organista nella Collegiata di Morbegno, qui si radicò con la famiglia dopo un breve periodo di operatività esercitata a Salò, ove gli era nato Marco Enrico, gloria della letteratura e del concertismo organistico italiano a partire dagli ultimi anni del sec. XIX.
La parte più cospicua della ricerca del Ruggeri –condotta con rigore scientifico ed esposta con linguaggio trasparente– è avvenuta avvalendosi della ricca documentazione conservata nell’Archivio parrocchiale di Morbegno. Il materiale ivi custodito ha permesso all’autore di tracciare il profilo di un uomo impegnato con pari dedizione nei settori che fanno da trama alla vicenda umana di Pietro, sposo e genitore responsabile e professionista avveduto, in vivo rapporto con una molteplicità di uomini e di istituzioni. Questo settore del libro –ovviamente più articolato– presenta ai cultori di storia locale morbegnese uno spaccato di vita e di attività; l’autore ha qui sistematizzato ed approfondito, con significativi apporti di documentari inediti, le informazioni sino ad oggi note [3]. Si tratta di un tassello nella vastità del mosaico, ma prezioso per una ricostruzione sempre più puntuale dei trascorsi civici e religiosi.
Anche se la lettura del contributo risulterà di per se stessa eloquente e gustosa, ci sia permesso di sottolineare alcuni dati significativi che emergono dalla narrazione e dal materiale documentario che la correda.
È fonte di stupore la preoccupazione che i nostri ‘vecchi’ coltivavano circa la rigorosa competenza richiesta agli operatori del decoro liturgico. Si possedeva il gusto di una musica che fosse all’altezza di tutti gli altri apparati festivi, ereditati dalla civica tradizione artistica: il tutto inspirato da un vivace sensus fidei, da una nobiltà di gusto estetico e da un legittimo orgoglio cittadino.
In questa ottica si inquadra anche il senso di responsabilità istituzionale esercitato dalla Fabbriceria. Esso traspira dalla analisi dei rapporti contrattuali, dalla prudenza nel valutare le scelte operative, dalla oculatezza nel venire incontro o nel soprassedere a richieste avanzate.
Le pagine del saggio offrono altresì più ampi spunti di ricerca circa l’ethos e le prassi borghigiane della nostra Valle; stimolano a spingere lo sguardo oltre Morbegno per costatare –pur con le dovute differenze e proporzioni– le costanti di un sentire e di un operare presente in altre comunità parrocchiali e centri comunali.
In definitiva il Ruggeri, mentre ha il merito di aver percorso un filone di indagine molto particolare e ancora poco indagato, si aggiunge alla schiera di coloro che sono impegnati nella esplorazione dei patrimoni archivistici delle nostre terre: e tra di essi quello morbegnese possiede una straordinaria ricchezza, per la conoscenza di donne, uomini e vicende che hanno tessuto la nostra storia. Le carte antiche sono come un terreno riccamente seminato, da coltivare. È il compito della proposta culturale, tesa a trasformare la memoria in occasioni sapienziali di confronto per l’oggi e in progettualità profetiche per il domani. Ad Fontes, orgogliosa di accogliere ogni contributo esplorativo, ringrazia qui, oltre al Ruggeri, i suoi collaboratori e tutti coloro che con serietà operano nel campo della ricerca storico–documentaria. E augura ai visitatori del sito un incremento di intima soddisfazione.

La Redazione dell’Associazione culturale “Ad Fontes”

Data di pubblicazione: 30 settembre 2009

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note

[1] Collana di studi sul patrimonio organario della Diocesi di Cremona.

[2] RUGGERI, Gli organi di San Bassano e l’organista Pietro Bossi, Cremona, N.E.C., 2009, pp. 124 più appendice fotografica. Il volume è acquistabile presso l’editore: Nuova Editrice Cremonese, via Stenico 3, 26100 Cremona, tel. 0372–20666.

[3] Una prima sintesi sul periodo valtellinese di Bossi è stata compiuta da E. COMINETTI, Pietro Bossi organista a Morbegno (1864–1896), «Bollettino della Società Storica Valtellinese», 46, 1993, pp. 199–203; ad essa si aggiungono gli articoli di G. PEROTTI, Da Gian Donato Fontana a Pietro Bossi: battersi all’ultimo sangue per diventare organisti di Morbegno, «Le vie del bene», 1994, n. 2, pp. 7–13; IDEM, L’esuberanza di un giovane musicista: lettere dell’organista Eugenio Perolini (1860), «Le vie del bene», 1994, n. 3, pp. 7–10; IDEM, Nuova documentazione sugli organisti Bossi e Morbegno, «Le vie del bene», 1999, n. 5, pp. 16–17.