Arte e Fede

Note bibliche essenziali sul Mistero pasquale

Schema dell’intervento di don Marco Cairoli (docente di Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale)
Gravedona, 17 agosto 2013

  1. Il cuore dell’Evangelo: 1Cor 15,3b–5
    15, 3A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che 4fu sepolto // e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture 5e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.

  2. Dall’annuncio al racconto. La Pasqua secondo il Vangelo di Marco (16,6–7)
    16, 6Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. 7Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”».

    Tre annotazioni:

    1. Circa la modalità del racconto:
      la lentezza della passione/morte (es. Mc 14–15) e il pudore [1] negli episodi attorno alla risurrezione (es. Mc 16)
    2. Il racconto di una storia scandalosa, per più motivi.
      —> lo scandalo della croce, mors turpissima:
      «nell’immaginario giudaico più diffuso e condiviso, il Messia figlio di Davide mai e poi mai avrebbe potuto finir consegnato in mano ai propri nemici, tanto più se pagani. […] Chiunque finisca i propri giorni sulla croce mai e poi mai potrà essere riconosciuto come quell’unto, quel Figlio di Dio prototipo di elezione e di benedizione, selezionato dal Signore di mezzo ai suoi fratelli per liberare il suo popolo Israele. Un crocifisso sarà semmai sempre solamente un miserrimo reietto, un inequivocabile paradigma di maledizione, di scomunica, e quindi degno soltanto della più universale esecrazione» [2].

      —> lo scandalo della risurrezione:
      «un duplice scandalo, in contrasto non solamente con la morte del maledetto patita da Gesù, ma anche con l’attesa di una risurrezione dai morti universale e non individuale» [3]. In più, come scrive un insigne biblista, «quel tanto di razionalismo greco, che noi europei portiamo impresso nel nostro DNA culturale, tende a insospettirci e a metterci in guardia da un annuncio come questo: “Cristo è risorto”. Infatti, com’è possibile che un corpo materiale e caduco, sicuramente morto, possa riprendere vita? Tutt’al più si potrebbe concepire una sopravvivenza dell’anima, ma nient’altro» [4].
    3. Croce e risurrezione: mai l’una senza l’altra
      —> La croce: rivelazione di un amore che sa arrivare “fino alla fine” (cfr. Gv 13,1)
      «Il Padre ha voluto che il Figlio – per rivelare agli uomini il suo volto di Padre – si facesse compagno del cammino degli uomini, attraversando di questo cammino anche i momenti più negativi, quelli che addirittura sembrano smentire la stessa presenza di Dio e del suo amore: il trionfo della menzogna, la sconfitta della verità, l’inutilità (apparente) dell’amore. […] Con la croce Gesù ha salvato il mondo e ha rivelato il Padre obbedendo al suo disegno di condivisione, che è indubbiamente la forma più alta dell’amore» [5].

      —> La risurrezione: la verità della croce
      «La risurrezione è la manifestazione del senso vero, profondo e misterioso del cammino terreno di Gesù. Fra i due momenti – il Gesù di Nazaret e il Signore risorto – vi è un rapporto di profonda continuità, come tra ciò che è nascosto e ciò che è svelato. Non è cambiato il volto della dedizione, dell’amore e del servizio, che Gesù ha mostrato nel suo cammino terreno, ma è divenuto luminoso. Il volto di Gesù rimane sempre il medesimo. Non si comprende la risurrezione se non si fa memoria della croce. Senza la memoria della croce la risurrezione perderebbe il suo significato. Perché la risurrezione di Gesù non è la notizia di una generica vittoria della vita sulla morte. La lieta notizia è la vittoria dell’amore sulla morte. Solo una vita donata vince la morte. Una vita egoisticamente trattenuta non vince la morte. La risurrezione di Gesù celebra un preciso modo di vivere. Si tratta dunque di una notizia lieta e impegnativa» [6].
  3. Una evocativa e sintetica metafora: l’Agnello

    1. L’immagine dell’Agnello pasquale secondo il libro dell’Esodo (Es 12)
      «L’agnello pasquale costituisce il segno per ricordare l’intervento di Dio, che libera il suo popolo e gli fa compiere il passaggio decisivo verso una libera e amichevole relazione. Il ruolo decisivo è svolto dal sangue dell’Agnello che, posto sui due stipiti e sull’architrave delle case, è segno della presenza degli Israeliti: il Signore – vedendo il sangue – “passerà oltre” (etimologia del nome “Pasqua”) e li salverà dal flagello dello Sterminatore (Es 12,12–14)» [7].

    2. La riflessione cristologica dell’Apocalisse
      * Apocalisse: un canto di lode al Signore risorto, una celebrazione della sua vittoria sulle forze del male e della morte

      L’Agnello rivelatore, immolato e vivente

      Ap 5, 1E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. 2Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». 3;Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. 4Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo. 5Uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli». 6Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. 7Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. 8E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, 9e cantavano un canto nuovo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, 10e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra».

      Nessuno è in grado di aprire e leggere il misterioso libro (piano di Dio sul mondo e sulla storia?), retto dalla destra di Dio: solo il Messia («leone di Giuda e radice di Davide») ne è capace e tale capacità nasce proprio dal fatto di essere immolato. È stato annunciato un leone, ma compare un agnello: alla figura di un leone che vince sbranando si sostituisce un agnello sbranato. È presentato «in mezzo al trono» per dire che al cuore dell’azione divina c’è Gesù Cristo, morto e risorto; è qualificato come «ritto in piedi in quanto sgozzato» (CEI: «in piedi, come immolato»), per sottolineare contemporaneamente la sua presenza di risorto e la condizione di chi è stato ucciso violentemente. Tra i due aspetti c’è un nesso causale come provocazione teologica: l’immolazione dell’agnello è il motivo che l’ha portato all’attuale condizione di vivo vincitore, e proprio per aver accettato di essere abbattuto l’agnello può ora ergersi trionfalmente in piedi, avendo riscattato per Dio l’intera umanità. Mentre l’umanità non può raggiungere la salvezza con le proprie forze, il Cristo morto e risorto è l’unico che può salvarla.

      La redenzione nel sangue dell’Agnello

      Ap 7, 9Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. 10E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». &11E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: 12«Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
      13Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». 14Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello.

      Il versamento del sangue (—> >em>morte come condivisione; non una dottrina) ha due effetti: espiazione dei peccati e creazione dell’umanità nuova. Secondo la paradossale logica del capovolgimento, viene affermato che il sangue rende bianco: ciò che è assurdo nella realtà corrisponde nel simbolo al messaggio pasquale cristiano, per cui la morte di Gesù Cristo ha portato alla vita e ha comunicato la risurrezione.

      Le nozze dell’Agnello e la sua sposa/città: la festa della luce

      Ap 19, 7Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché sono giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta: 8le fu data una veste di lino puro e splendente». La veste di lino sono le opere giuste dei santi.

      È l’annuncio di una autentica comunione con Dio simboleggiata dalle nozze

      Ap 21, 9Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello». 1 L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio.

      L’immagine della sposa confluisce in quella della città

      22In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. 23La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello.

      Rispetto alla città storica, l’assenza di un tempio in muratura è importante, perché la novità sta proprio nella possibile relazione con Dio attraverso la persona e il sacrificio esistenziale del Cristo, modello fondamentale che illumina la nuova comunità [8].

note

[1] «Non dimentichiamo che, per nostra fortuna, nessun racconto evangelico canonico si è azzardato a farci una cronaca ‘in diretta’ (come si direbbe oggi) dell’evento della risurrezione come fa invece, per esempio, l’apocrifo Vangelo di Pietro […]. I Vangeli canonici non azzardano tanto: si fermano prima, perché, se raccontassero le cose così, davvero violerebbero un aspetto specifico e nuovo della risurrezione di Gesù, esattamente la sua singolarità filiale, nota a lui e al Padre (Mt 11,25–27). Marco, Matteo, Luca e Giovanni, in tal senso, impongono come una tacita consegna di sana castità alla loro immaginazione, stimando come inviolabile intimità comunionale tra Dio e il suo Figlio Gesù il momento nel quale questi viene ‘risvegliato’ dal regno dei morti. […]. Potremmo dire: così come il Figlio/Verbo eterno di Dio è da Dio medesimo e dall’eternità “generato, uscito dal silenzio”, un analogo nucleare e irriducibile silenzio fa da siepe alla risurrezione di Gesù, fondamento e conditio sine qua non di ogni annuncio pasquale. Del Risorto ci sono testimoniate le apparizioni, che comunque fanno parte integrante della risurrezione stessa ma in ogni caso ne sono ulteriore manifestazione ad extra piuttosto che ad intra»: R. VIGNOLO, «Egli si mostrò ad essi vivo dopo la sua passione» (At 1,3), in I racconti di Pasqua, a cura di E. Ronchi, Milano, Paoline, 2008, pp. 36–38.

[2] R. VIGNOLO, «Appeso al legno»: la morte di Gesù nella narrazione evangelica, in «Perché non venga resa vana la croce di Cristo. La croce nella spiritualità cristiana, Milano, Glossa, 2013, pp. 28–29.

[3] VIGNOLO, «Appeso al legno», p. 56, nota 28.

[4] R.PENNA, Il Dna del cristianesimo, Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 20041, p. 101.

[5] B. MAGGIONI, Era veramente uomo, Milano, Ancora, 20011, p. 148.

[6] B. MAGGIONI, I racconti evangelici della Risurrezione, Assisi, Cittadella, 2001, pp. 12–13.

[7] C. DOGLIO, Agnello, in Temi teologici della Bibbia, a cura di R. Penna, G. Perego, G. Ravasi, Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 2010, p. 19.

[8] Cfr. DOGLIO, Agnello, pp. 21–23.

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