3. Sulle tracce di una cultura locale della convivenza in comunità

3.3. Mutamento, dissenso, comunicazione

3.3.3. La non neutralità di uno sguardo: il notaio nella comunità

Nella compresenza di diversi modelli scrittori, nella tensione fra sperimentazioni più audaci e più caute delle stesse innovazioni, a volte è possibile identificare non tanto l’incertezza o la normale pluralità delle rappresentazioni sociali, o ancora le inerzie e le resistenze che accompagnano la diffusione di nuovi paradigmi, ma la traccia di un ripensamento e di un dibattito, che invita a scegliere tra opposti ideali e a schierarsi con i rispettivi sostenitori. Sono situazioni in cui l’orientamento per un’opzione o l’altra non appare come il disinvolto muoversi fra rappresentazioni intercambiabili, ma una scelta di campo risoluta. Pertanto situare nella comunità o nel territorio i notai può aiutare a comprendere le soluzioni grafiche che adottarono.

Il notaio di Gerola più incline a premiare i magistri nelle sue liste era Pietro Curtoni, sia quando stendeva i documenti relativi al suo comune (ASSo, AN, 319, f. 98r., 1474.02.24), sia quando lavorava per Pedesina (ivi, f. 94r., 1474.02.15). A Gerola, nel 1474, non solo allineò all’apertura dell’elenco quattro artigiani, ma, servendosi della stessa tecnica impiegata dai colleghi che operavano nei luoghi dove si era più sviluppata la coscienza di sé delle élites, distribuì gli spazi verticali e orizzontali della pagina in modo da conferire la massima enfasi ai loro nomi. Egli aveva sperimentato direttamente, nella vicenda del padre e nella propria, il riconoscimento sociale di cui a Gerola godeva il magister, e non doveva essergli estranea l’autostima di questa componente della popolazione. Era infatti figlio di magister Antonio, un importante politico del comune, di cui seguì le orme nella vita pubblica e che designò al primo posto nella lista del 1474 appena ricordata, riferendovisi, orgogliosamente, come al «pater meus», subito seguito per di più dal nome dello zio.

Si può supporre inoltre che i cancellieri del Terziere Inferiore e della squadra di Morbegno abbiano avuto un ruolo decisivo nella ricerca delle forme documentarie per esprimere la preminenza del capoluogo: erano quasi tutti originari di Morbegno e membri tra i più influenti dell’élite che consacrava molto del proprio tempo e delle proprie energie alla politica di quelle federazioni. In questo caso, però, come in quello di Gerola, manca il riscontro di un vero e proprio dibattito con posizioni di segno diverso, anzi la precedenza di Morbegno, almeno in un’età molto avanzata, fu riconosciuta anche dai notai residenti negli altri comuni della giurisdizione, come Gian Battista Camozzi di Talamona (ASSo, AN, 843, f. 157r., 1554.06.12).


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