3. Sulle tracce di una cultura locale della convivenza in comunità

3.2. Esigenze politico-sociali e schemi notarili: un condizionamento reciproco

3.2.7. L’esperienza e la formazione dei notai

L’attività di alcuni notai che è possibile seguire nei decenni svela come anche il pensiero sociale e politico cui essi diedero voce fosse a sua volta una pratica, non cioè ideazione astratta e immediata, ma percorso concreto, che si svolse fra tentennamenti e sperimentazioni, sorretto dagli accorgimenti tecnici che si sono analizzati, essenziali nel plasmare ideali di convivenza e paradigmi interpretativi [94]. L’introduzione di un sistema di ordinamento al posto di un altro, il loro confronto e messa alla prova, si presentano allora come esperienze cognitive, attraverso le quali il notaio si impratichì con le potenzialità espressive ed esplorò per tentativi i contenuti dei modelli della realtà sociale che essi consentivano di costruire.

Beltramo Guarinoni acquisì familiarità con le soluzioni grafiche che usava solo nel corso degli anni: i rientri, le righe lasciate bianche, le linee tracciate sulla carta, le graffe sono le voci di un vocabolario che non si diede come già costituito in partenza. Invece si arricchì e si armonizzò con il tempo, peraltro non per accumulazione meccanica e lineare, ma con scatti in avanti, magari provati nelle notule prima che nelle imbreviature, e passi indietro. (ASSo, AN, 344, f. 3r., 1465.02.03; ivi, f. 18r., 1465.05.24; ivi, f. 18v.; ivi, f. 173v., 1465.05.24; ivi, f. 39v., 1466.02.01; ivi, f. 40r.; ivi, f. 48r., 1466.04.08; ASSo, AN, 345, f. 133v., 1475.01.29).

Ancora più complesso è l’itinerario di Artuichino Castelli di San Nazaro, senz’altro punteggiato da ripensamenti, ma anche da svolte nelle scelte di rappresentazione documentaria che segnano acquisizioni durature nella sua crescita professionale. La sua attività come cancelliere del comune di Morbegno, dove risiedeva, è documentata dal 1509 [95]. Per molti anni non impiegò la lista e, negli elenchi molto fitti che stilava, non sentì l’urgenza di disporre i convenuti al Consiglio maggiore in ordine gerarchico, nemmeno in base al loro titolo di dominus, né di dividere i residenti nel capoluogo dagli abitanti nella contrada del Monte (ASSo, AN, 667, f. 261r., 1515.01.07;ivi, f. 261v.). Per contro, quasi riassumendo nel proprio percorso quello della cultura notarile valtellinese nel suo complesso, Artuichino assunse da subito (almeno dal 1508) la lista nei verbali dei consigli della squadra di Morbegno, una federazione di cui anch’egli doveva avvertire il carattere composito (ASSo, AN, 666, f. 12r., 1508.01.04).

Nel 1516, per la prima volta, il notaio introdusse la lista anche in un documento relativo al comune di Morbegno. Non si può dire che vi abbia fatto ricorso perché già animato dall’obiettivo di costruire una rigorosa immagine piramidale della società: in quella circostanza raggruppò alcuni degli uomini di maggiore reputazione all’inizio dell’elenco, ma non mancò di disperdere un paio di domini fra le menzioni degli altri convenuti, né raccolse gli abitanti del capoluogo, separandoli da quelli delle contrade (ASSo, AN, 667, f. 353r, 1517.01.04; ivi, f. 353v.). In questo caso, dunque, sembra davvero che sia stato lo schema della lista a far intravedere al notaio una possibile immagine per la società morbegnese, piuttosto che un’esigenza tassonomica già chiara in partenza ad avergli suggerito la soluzione tecnica più adeguata. Negli anni successivi, infatti, lista dopo lista, Artuichino venne annettendo un maggiore valore all’identificazione di un vertice della comunità: ho già analizzato il documento del 1523, in cui, pur non disponendo i domini in una sequenza continua, li collocò tutti entro le prime nove posizioni, per la precisione ai primi quattro posti e al nono, colmando l’intervallo con la designazione di convenuti cui riconosceva la dignità di ser. Inoltre evidenziò sulla carta anche il diretto corrispettivo dell’eminenza sociale dei domini e ser, collocati in cima alla lista, ossia la marginalità dei residenti nella contrada del Monte, relegati in fondo alla lista stessa e soprattutto nelle tre cellette abbozzate a piè di pagina (ASSo, AN, 669, f. 340r., 1523.11.29). In che senso la lista avesse aiutato il notaio e a quale scopo continuasse a servirgli, lo rivela la soluzione ibrida adottata nel 1527, quando Artuichino raccolse i domini presenti nelle prime cinque posizioni, disperdendo tra le menzioni degli altri convenuti solo un morbegnese che portava il titolo di ser. Ebbene, nella circostanza, organizzò in forma di lista la designazione dei primi otto intervenuti, il cui rango ritenne possibile ed opportuno segnalare, mentre dispose in modo continuo sulle righe la sequenza di coloro cui non riconosceva nessun distintivo di dignità meritevole di altrettanta enfasi (ASSo, AN, 670, f. 413v., 1527.01.01; ivi, f. 414r.).

Pure documentando la vita istituzionale del comune di Albaredo, il Castelli in un primo momento non pensò di ricorrere alla lista (ASSo, AN, 666, f. 17r. 1508.01.23), poi la introdusse, proprio allo scopo di offrire un’immagine gerarchica anche della società di quel piccolo centro (ASSo, AN, 670, f. 17r., 1524.01.17).


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note

[94] Cfr, recentemente, A. M. BOTELHO HESPANHA, Cultura giuridica, libri dei giuristi e tecniche tipografiche, in Le radici storiche dell’Europa. L’età moderna, a cura di M. A. VISCEGLIA, Roma 2007, pp. 39–68.

[95] ASSo, AN, 666, ff. 62v.–64v., 1509.01.07.