2. La forma della comunità: culture locali nel mutamento

2.4. Un esito parallelo: l’articolazione interna delle comunità (contrade, comuni rurali, federazioni) e la rappresentazione analitica e non gerarchica dell’ordine territoriale

2.4.1. I comuni policentrici dell’Ossola Superiore

In Ossola Superiore, dove l’insediamento era polverizzato in numerosi nuclei abitativi, i villaggi, singoli od organizzati in circoscrizioni sub–comunali (come il cantone o il quartiere), ottennero già nel XIV secolo spazi riconosciuti nella designazione dei consoli o dei consiglieri e nel concorso alle decisioni collettive. Non a caso, proprio la residenza fu assunta da molti documenti della regione come criterio cruciale per ordinare i nomi dei membri dei comuni e dei loro rappresentanti.

Due notai, padre e figlio, che tra la fine del Trecento e la metà del Quattrocento compilarono gli estimi di Crevola, assegnarono una visibilità crescente ai quadri istituzionali sub–comunali. Nel 1396 gli abitanti dei quattro quartieri del comune elessero quattro estimatori, ma non li scelsero uno per ogni unità, rappresentate così in modo molto disomogeneo. Il notaio Guglielmino de Rido, nella prima carta del codice, riportò con grande evidenza, in posizione centrale, i nomi dei quattro incaricati della stima, ma non vide questi ultimi altrimenti che come «omnes de Crevolla» (Archivio della Silva, Estimi, 1, 1396). L’estimazione degli anni 1458–1460 fu affidata a vari ufficiali: gli estimatori, un primo novero di revisori, una seconda commissione incaricata di un’ulteriore verifica. Giovannino de Rido della Silva, figlio di Guglielmino, ripeté tre volte nel codice i nomi dei componenti di quest’ultima magistratura, riproponendo in ogni circostanza l’enfasi sulla rappresentanza analitica dei quattro quartieri. Egli dunque concepiva il comune non come un’unità, secondo l’ottica paterna, ma come un mosaico di più tessere istituzionali e residenziali. Nelle tre pagine in questione pose a sinistra la designazione degli ufficiali, a destra quella dell’unità istituzionale per conto della quale essi agivano, evidenziando la reciproca corrispondenza mediante l’identità di riga nonché gli spazi bianchi inseriti fra le menzioni dei quattro gruppi. Con un’eleganza più raffinata di quella di norma ricercata dai notai nei loro cartulari, ornò in rosso le iniziali dei nomi degli incaricati e la prima lettera della formula di rappresentanza; vergò con lo stesso inchiostro le parentesi di chiusura che associavano fra loro gli eletti e li collegavano al quartiere per cui agivano, i segni di paragrafo che identificavano le quattro delegazioni e infine i punti che seguivano i nomi delle circoscrizioni, come riscontrandoli e identificandoli uno per uno. In questo modo, fece della quadripartizione del comune non solo il criterio della scansione, ma anche il motivo ornamentale della pagina, tracciando pure un filo continuo che portava dal personale politico alle istituzioni di base (Archivio della Silva, Estimi, 2, f. 70r., 1458) [33].

Ancora più solennemente, nel proemio degli statuti di Masera, tale criterio diede forma all’elenco dei vicini che nel 1369 elessero la commissione incaricata di mettere a punto la normativa locale, forse però elaborato più tardi, dal momento che il codice che lo tramanda fu realizzato nel XV secolo, entro il 1478. I nomi dei singoli insediamenti erano elegantemente vergati con inchiostro rosso e posti al centro delle colonne in cui si succedevano i nomi dei convenuti all’assemblea (scritti con inchiostro nero), che risultavano così immediatamente riconducibili alla loro appartenenza micro–territoriale (T. BERTAMINI, Masera e i suoi Statuti trecenteschi, Masera 2001, p. 99; ivi, p. 100).


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note

[33] I registri sono editi, con un’introduzione della curatrice che ne analizza i caratteri estrinseci: L’estimo di Crevola del 1396, a cura di M. F. BARONI, Alessandria 2000 (la tav. I corrisponde all’immagine che qui si propone); Il notaio Giovanni della Silva e l’estimo di Crevola del 1458, a cura di EAD., Alessandria 2003.