La figura di san Giovanni Battista nel tempio maggiore di Morbegno a lui dedicato

Le quattro scritte più antiche

Secondo logica e cronologia dispositiva dei messaggi [47] il punto obbligato di osservazione è il fianco del tempio che ospita la cappella della Madonna, e precisamente alla sinistra e alla destra della coppia di pilastri in cui sono iscritti i matronei. Qui sono ospitate le prime due scritte, costituite dal versetto 10, del primo capitolo di Geremia, suddiviso in due stichi.

evellas et destruas

Ut evellas et destruas
(collocazione n. 3)

Aedifices et plantes
(collocazione n. 4)

Aedifices et plantes

(Vedi, oggi ti dono autorità sopra le nazioni e sopra i regni) "per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare".
L’opera profetica è sempre condizionata, per molto aspetti, dalle situazioni storiche entro le quali viene suscitata da Dio; eppure conosce una costante metastorica, come logica di intervento redentivo proiettato ad un futuro di novità. Il dinamismo di conversione messo in moto dalla Parola inviata dall’alto, sempre e necessariamente comporta una pars destruens. È necessitante lo sgombero, la rimozione di ostacoli quali le idolatrie dell’effimero, le autosufficienze idolatriche di sé, i semi di prepotenza generatori di ingiustizia; in sintesi: ogni specie di zavorra morale. Questo far piazza pulita è per una palingenesi, attraverso un percorso scioccante ed insieme consolante. La condanna è un atto positivo e propositivo di vita alternativa, irrorata dalla misericordia.
Anche Giovanni è così: scuotitore della superbia, della menzogna, dell’apatia, del torpore: non lascia nessuno indisturbato. Mette alla gogna la lista più o meno legalizzata dei pretesti, abbatte la pratica dei conformismi, denuncia le false garanzie, smaschera le collettive sicurezze (come quella di appartenere alla stipe di Abramo!). Per preparare la via al Signore bisogna "abbassare le colline e colmare i fossati" (cfr. Lc 3, 5). Le parole del Battista, quando devono aggredire degli ipocriti, falsamente sicuri di sé, scottano come fuoco, e colpiscono come fulmine: "Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente?... Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco…la paglia sarà bruciata con fuoco inestinguibile" (cfr. Mt 3, 7–12). Erode stesso è dominato dalla statura morale di Giovanni. Combattuto tra la paura di denunciarlo e il fascino emanante dalla sua irradiazione profetica (cfr Mt 14, 4).

Ma il progetto, dopo la demolizione degli ostacoli e la rimozione degli ingombri, è la piantagione di Dio. Quella già profetizzata da Geremia parlava di una legge interiore scritta nei cuori. "Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo… E tutti mi riconosceranno, dal più picciolo al più grande" (Ger 31, 33–34). Così pure Giovanni è l’aratore dei cuori, perché si realizzi definitivamente il prodigio. Architetto per Dio, egli lavora sulle fondamenta del regno. I suoi discepoli verranno ’ceduti’ al Cristo, per la nuova missione apostolica "per ricondurre i cuori dei padri verso i figli, ed i ribelli ai sentimenti giusti" (Lc 1, 17). Ecco Giovanni: l’uomo del rigore energico e della compassionevole comprensione. La sua dolcezza nei confronti di chi vuole liberarsi dal male gli sarà riconosciuta da Cristo: infatti "i pubblicani e le prostitute gli hanno creduto" (Mt 21, 31).

Tuttavia la verità del ministero profetico è data, ancor più che dall’annunciare, dal pagare di persona, con fedeltà a tutta prova. Lo sguardo si deve dirigere ora, specularmente, sulla parete di sinistra, alla sommità delle logge che affiancano la cappella della Pentecoste [48].

Ne formides a facie eorum

Ne formides a facie eorum
(collocazione n. 5)

Dedi te in civitatem munitam
(collocazione n. 6)

Dedi te in civitatem munitam

Tu dunque stringi le vesti ai fianchi, alzati e dì loro tutto quanto io ti ordinerò; "non spaventarti di fronte a loro" (Ger 1, 17). E ancora: "Ecco, io oggi faccio di te come una città fortificata" (Ger 1, 18): una colonna di ferro e un muro di bronzo, contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti.

Coraggiosi nella lotta ed esperti del soffrire: così sono i servitori della Parola di Dio, anche se non scrittori. Come, ad esempio, Elia di cui Giovanni è indicato come antitipo dallo stesso Vangelo: "Camminerà davanti a Lui con lo spirito e la fortezza di Elia" (Lc 1, 17) [49]. Infatti il coraggio di Giovanni –chiamato a stigmatizzare la resistenza degli uomini dal cuore di pietra– si manifesterà soprattutto nell’intervento nei confronti del regnante costituito in autorità, ma violatore della Legge di JHWH: "Non ti è lecito tenere con te la moglie del tuo fratello" (Mc 6, 19). Nessuna potenza mondana può sottrarsi al giudizio del Signore. Parimenti ad Elia –quando era andato da Achab, usurpatore e assassino di Nabot su istigazione di Gezabele (cfr 1Re 21, 18–20)– Giovanni affronta con intransigenza Erode ed Erodiade. Non ha timore, anche se non ignora che per lui è predisposto il carcere. Poi affronterà il martirio nella fortezza di Macheronte, in seguito all’insensato giuramento di Erode, affascinato dalla danza di Salomè. Non poteva esimersi alla sorte di coloro che l’avevano preceduto. E tuttavia, nel contempo, la sua morte prefigurava quella di Gesù. La Chiesa celebra, ogni 29 agosto, tale gloriosa nascita al cielo di Giovanni (il suo martirio) così come festeggia, in giugno, il suo natale terreno: Giovanni è precursore di Cristo, dall’alba al tramonto.

Giovanni rivisse esattamente (quasi biograficamente) anche l’esperienza del profeta Geremia. L’immagine della ’città fortificata’ evoca la inattaccabile coerenza del testimone. Vince, sì, gli assalti dall’esterno; ma neppure lo fa capitolare quella difficoltà terribile –la più insidiosa– che viene dal proprio intimo messo alla prova. A Giovanni toccò sperimentare, oltre alle tenebre del carcere, anche il buio del proprio spirito. La suprema tentazione fu quella del dubbio circa la propria speranza, che sembrava smentita. Un giorno inviò due messaggeri a chiedere a Gesù: "Sei tu quello che deve venire? ".
E la risposta del Messia: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re!... Fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista" (cfr. Mt 11, 7 ss.). L’elogio di Gesù riguarda un uomo forte, che anche nell’ora più tragica, nella notte della fede, invece che sentirsi fallito, sa ritrovare la beatitudine di non patire scandalo per Cristo (cfr. Mt 11, 6). Infatti "dai giorni di Giovanni… il regno dei cieli subisce violenza, e i violenti (i buoni con la loro forza) se ne impadroniscono".


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note

[47] Il numero tra parentesi indica la posizione delle scritte con riferimento al disegno qui riportato della pianta dell’interno del tempio.

[48] È la cappella Parravicini, siglata dallo stemma nobiliare

[49] Già nel profeta Malachia (3, 1; 3., 23) sta l’annuncio di un precursore di Jahwé che sarà identificato con Elia. Cfr. osservazioni in seguito.