Frammenti di musica. Testimonianze di canto medievale nell’Archivio di Stato di Sondrio (secoli XI–XIV)

2. Antifonario dell’Ufficio (sec. XIII)



Orizzonti: codici come ‘specchio degli sviluppi liturgici’ e della scrittura musicale (sec. XII–XIII)

La preghiera della Chiesa non è materia da museo. La Liturgia è un cantiere sempre aperto, di operosità creativa. È una scuola che cresce e fa crescere, sviluppa organigrammi e aggiorna programmi. Sotto questo profilo si mettono in luce, qui, alcuni fattori dell’incremento dei brani di canto e alcune forme del loro organico ordinamento. L’ampliamento del repertorio è dovuto, principalmente, ad un affinamento della gestualità orante, sia nel senso di impegno soggettuale, sia in relazione ad una crescita delle strutture del corpo ecclesiale, nella sua espansione animata dallo Spirito. Qui si accenna ad un solo ambito: quello della introduzione (locale e sovra locale) del culto di numerosi santi. La moltiplicazione delle memorie indurrà poi il configurarsi di Communia Sanctorum (cioè formulari appropriabili a diverse categorie: apostoli, martiri, confessori, vergini…). Al materiale vecchio e nuovo è conferito una successione (gerarchica, funzionale, seppure con varianti di scelte) con rispetto primario allo scorrere dell’anni circulus e infine con supplementazioni (poste in fine dei codici) per gli elementi delle ufficiature comuni. Né sono da ignorare, quali fattori di tale vivacità, i grandi movimenti riformistici di questi secoli.

Quanto alla musica, che determina la stessa organizzazione dello specchio di scrittura e le scelte di impaginazione, il processo evolutivo conosce cadenze costanti e piuttosto rapide, a cominciare dall’impiego di una riga di riferimento corredata da chiave che indica la corda. Si perfeziona l’aspetto diastematico che permette agevole individuazione delle altezze e delle distanze intervallari dei suoni. La melodie vengono come ‘dipinte’ entro gli spazi rarefatti dal testo, già predisposto in vista della notazione. Nel contempo i neumi continuano a mantenere le loro configurazioni originarie e cercano di ritradurre i principali connotati di natura dinamica e ritmica. Si arriverà ad una normalizzazione di due linee diversamente colorate (do e fa), e ad una interlinearità tracciata a secco, oppure con sottili tratti ad inchiostro.


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Descrizione

Antifonario dell’ufficio

ASSo, Pergamene sciolte dell’Archivio notarile, n. 335 (lato carne).


Archivio di Stato di Sondrio, Pergamene sciolte dell’Archivio notarile, nn. 333–334.
Due bifoli membranacei, provenienti dal medesimo codice, leggibili sia al lato carne sia al lato pelo, mm.428 – 386 x 170 – 307 (n. 333); mm. 415 x 294 – 268 (n. 334).
Scrittura gotica. Notazione a punti romboidali comune all’Italia del Nord (rigature in rosso e in giallo corrispondenti alle chiavi di fa e di do; gli altri righi sono sottilmente tracciati con inchiostro bruno).
Inchiostro bruno per il testo, per i neumi e per le annotazioni rubricali. Capilettera rossi e blu alternati, ovvero bruni con decorazioni di penna in rosso. In inchiostro rosso pure i titoli.


Antifonario dell’ufficio

ASSo, Pergamene sciolte dell’Archivio notarile, n. 334 (lato pelo).


I bifoli costituirono la coperta di scritture redatte dal notaio Giovanni Battista Paini, figlio di Francesco. Si tratta di un eminente notaio di Montagna in Valtellina, la cui attività è attualmente documentata tra il 1587 e il 1652 (ASSo, AN, bb. 2818–2832). In particolare, questi frammenti di codice sono stati staccati da un volume del Paini contenente «atti civili (…) circa alcuni fatti tra li Valtellinesi e li Griggioni», dibattuti tra il 1613 e il 1620, come appare dalla intestazione autografa di mano del medesimo notaio. Si tratta di un volume composito che riuniva sei dossier, già autonomamente rilegati dal professionista e, almeno in due casi, muniti di coperta membranacea.
Per quel che riguarda il frammento 334, la presenza di un cartiglio incollato consente la datazione del processo, che era iniziato «in calen(dis) mensis iunii 1619», «pro causa sub offitio ill(ustrissimi) domini Iohannis A[ntonii Traves] (…) et ill(ustrissim)i d(omini) Antonii a Salis». È pertanto appurabile con precisione che il bifoglio fu impiegato come coperta per la pratica della quarta causa civile ivi contenuta (cc. 118–198).
Riguardo al frammento 335, non è possibile accertare il dossier di provenienza. Infatti, è presente soltanto una indicazione inserta risalente ad anni recenti («Recuperato dal vol. 2827 del Fondo notarile»); mentre è oggi deperdito il cartiglio identificativo, che pure era certamente presente come documentato dai numerosi piccoli fori determinati dall’uso di colle di probabile origine animale.
Lo stato di conservazione è cattivo, per entrambi i bifoli.


Antifonario dell’ufficio

ASSo, Pergamene sciolte dell’Archivio notarile, n. 334 (lato carne).


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Contenuti

Ancora una volta il frammento appartiene ad un antifonario dell’Ufficio.
Stavolta si tratta di un reperto di maggiore consistenza: due bifoli. Essi possono e devono essere relazionati ed integrati ad alcune pagine dello stesso codice conservate, pure come reimpieghi, presso l’archivio parrocchiale di Sondrio.
La notazione qui mostra uno stadio della evoluzione della scrittura musicale comasca di matrice mettense, praticata anche in manoscritti milanesi. Una caratteristica che palesa l’evoluzione nel settore più specificamente rituale (celebrativo) è l’inserzione di numerose rubriche (indicazioni di gesti, di testi supplementari o complementari, di modalità esecutive…).
Quanto al contenuto del primo bifolio (identificato con il numero di segnatura 335), si rileva la presenza di parte dell’Ufficiatura delle Ferie II–IV (lunedì–mercoledì) di Pentecoste, appartenenti al proprio del tempo. Nel secondo bifolio (segnatura 334) figurano elementi del proprio dei Santi: san Paolo (30 giugno) e san Benedetto (11 luglio). La distanza delle due date è determinata dalla perdita di alcuni bifoli intercalari.


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Esecuzione

Sono presentati all’ascolto due brani tratti da queste dense pagine.
Il primo è un responsorio per l’Ufficio notturno del martedì di Pentecoste. Si tratta di un canto a commento del racconto dagli Atti degli apostoli (At 2, 3–4): da qui provengono letteralmente le frasi che compongono sia il caput (parte iniziale e da ripetere parzialmente) sia il versus intercalare.
Seguirà una antifona dell’Ufficiatura di San Paolo, la quale si presenta con un arricchimento particolare (riservato alla celebrazione di pochi grandi santi); consiste in un versus finale che completa e corona l’antifona, qui tratta della testimonianza dell’apostolo (2Tim 4, 8). Esempi di questa forma speciale praticata in diocesi si trovano anche nell’antifonario di Chiavenna (ora presso il museo parrocchiale) e nei frammenti conservati presso il comune di Bormio.


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Testi

Responsorio (CAO 6110)

Apparuerunt apostolis, dispertite lingue tamquam ignis, alleluia. Seditque supra singulos eorum Spiritus Sanctus, alleluia alleluia. V/ Et ceperunt loqui magnalia Dei prout Spiritus Sanctus dabat eloqui illis.

Agli apostoli apparvero delle lingue distinte, come di fuoco, alleluia. Sopra ciascuno di loro si posò lo Spirito Santo, alleluia, alleluia. V/ Essi cominciarono ad annunciare le meraviglie di Dio, con un linguaggio che era loro conferito dallo Spirito.

Antifona (CAO 4616)

Reposita est michi corona iusticie, quam reddet michi Dominus in illa die, iustus iudex. Ps. Dominus regnavit, irascantur. Sevovae. V/ Quo operante gracia Spiritus Sancti.

Per me è preparata una corona di giustizia, che nel giorno della ricompensa mi sarà donata dal Signore, giusto giudice. Ps. Regna il Signore, tremino <i popoli > (…) Gloria. V/ Questo premio mi verrà per la cooperazione della grazia dello Spirito Santo.

Canto

Introduzione



Ascolto




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