Per una storia del “Fondo Pergamene” dell’Archivio notarile di Sondrio

2. Storia e descrizione di un versamento

2.5. Presso l’Archivio di Stato: la storia recente

Presso l’Archivio di Stato, sarebbero proseguiti negli anni successivi nuovi incrementi quantitativi di quel corpus di scritture, determinando una ulteriore e progressiva mutazione della fisionomia del fondo già storicamente composito. Tale intenzionalità era già stata espressa dal Giannone, nel 1948, sulle pagine delle Notizie degli archivi di Stato. Il direttore comunicava che «presto si accoglierà anche un fondo di oltre cento pergamene, in prevalenza dei secoli XIV, XV e XVI, ora in possesso dell’Archivio Notarile, e che costituirà il primo nucleo della Sezione diplomatica dell’Archivio» [73].
Il che effettivamente si realizzò [74]: intorno a quel ‘nucleo’ acquisito dall’Archivio notarile gli anni successivi avrebbero infatti registrato il generarsi di progressive ‘stratificazioni’. Questi incrementi avvennero perlopiù al di fuori di una progettualità precisa e con operazioni non sempre documentate in modo adeguato.

La ricognizione delle membrane realizzata nel corso del 2002 fornisce gli elementi per esaminare con sguardo retrospettivo la crescita del Diplomatico, nel contesto dell’Archivio di Stato, durante il secondo cinquantennio del Novecento [75].

Oggetto della ricognizione furono le scritture su membrana conservate all’interno di uno schedario metallico: si trattava complessivamente di 325 pergamene. In primo luogo è da rilevare che tutti i documenti presenti nell’elenco di versamento del 1950 [76] – salvo la consecratio ecclesiae del 1117 [77]– erano conservati all’interno di quel contenitore: dunque pure le 199 carte versate da Bormio.

A questi 284 documenti si erano andate progressivamente aggiungendo altre scritture. Si trattò di un’ulteriore modifica della fisionomia del fondo, determinata dalla già descritta volontà di riunire in un’unica collocazione tutte le scritture su membrana conservate sciolte presso l’Archivio di Stato.

Per questo motivo fu inserito tra le scritture del Diplomatico l’unico documento vergato su pergamena che era stato in un primo momento compreso tra le imbreviature stesse. Si tratta della membrana che trasmette una dotis, immediatamente seguita da un pactum de non petendo seu de non acquirendo, a rogito di Giovanni de Cerveno di Teglio, figlio del fu Maifredo, in data 1 febbraio 1254. Credo che sia possibile rileggere la storia degli spostamenti di questa membrana – prima collocata tra le imbreviature contrassegnata con il numero 1 e poi trasferita all’interno del Diplomatico – come caso emblematico di un rapporto problematico con le estrazioni in mundum, che conobbe soluzioni diverse: in un primo tempo portò alla integrazione tra le imbreviature della scrittura acquisita fuori dalla procedura ordinaria, poi conobbe il suo isolamento, in virtù del supporto, all’interno del Diplomatico.

Inoltre anche numerose scritture preparatorie e redazioni in mundum estratte delle imbreviature notarili vennero collocate nell’Archivio diplomatico. Così, ad esempio, la membrana con collocazione n. 291, contente una donazione del 19 luglio 1622 rogata dal notaio Stefano Robustelli di Grosotto. Al verso presenta una annotazione in lapis indicante che la pergamena fu tolta dal volume di imbreviature n. 2627, ovvero delle imbreviature del citato notaio relative a quell’anno e al successivo 1623. La membrana, che presenta un foro centrale, evidenzia una conservazione in filza. Anche la vendita del 28 marzo 1628, tramandata sulla pergamena n. 292, pur in assenza di sottoscrizione, è con certezza riferibile al medesimo notaio, sulla base del riscontro calligrafico e della identica modalità di conservazione. Una annotazione dorsale la dichiara estratta dal vol. 2628: imbreviature del Robustelli per gli anni 1624 e 1625.

Si constata pure il distacco di un consistente numero di pergamene, che erano state reimpiegate quale coperte dei protocolli (si trattava sia di munimina sia di frammenti di codici), secondo una procedura assai praticata soprattutto negli anni ‘60 e ‘70. I frammenti dei documenti reimpiegati furono collocati nel Diplomatico [78]. Tra i numerosi esempi possibili si cita qui solamente la coperta del protocollo di Bernardo Lazzaroni, notaio di Teglio, recante la seguente intestazione vergata manu propria: «Quaternus imbreviaturarum ser Bernardi Lazaroni 1466 | 1467 […] comunis 1466, 1467». La coperta fu staccata dal protocollo oggi contrassegnato dal n. 286 che, coerentemente a quanto dichiarato nell’antica intitolazione, conserva a tutt’oggi le imbreviature degli anni 1466 e 1467. Su quella membrana reimpiegata è conservato un sindicatus comuni et hominum Blanzoni, relativo all’assemblea che si tenne a Bianzone, in platea publica. Lo aveva rogato Alberto della Pergola l’11 giugno del 1454.

Nel corso della ricognizione si è potuto infine rilevare che le scritture nel loro complesso, collocate all’interno dello schedario metallico, erano state in anni recenti nuovamente sfascicolate, ri–ordinate e poste in successione cronologica.



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note

[73] Sezione di Archivio di Stato di Sondrio: nuova istituzione, «Notizie degli archivi di Stato», 1 (gennaio – aprile 1948), p. 60.

[74] Da qui la interscambiabilità, talora fonte di ambiguità, nell’oscillazione delle due denominazioni: Diplomatico dell’Archivio di Stato/ Pergamene dell’Archivio notarile.

[75] Il progetto di ricognizione, relativo alle pergamene conservate in uno schedario metallico, fu promosso dal direttore allora in carica dell’Archivio di Stato di Sondrio dott. Pierluigi Piano, e venne condotto nel corso del 2002 dalla sottoscritta. Nel corso di quel progetto le pergamene furono spolverate, poste entro camicie e – tolte dallo schedario metallico – collocate in contenitori adatti, pur conservando l’ordine rilevato nella fase di ricognizione, anche in considerazione della parzialità dell’intervento rispetto al corpus delle membrane staccate. È attualmente in corso il completamento del progetto di ricognizione delle pergamene dell’Archivio notarile, sempre a cura della sottoscritta, con progettualità formulata con la dott.ssa Carmela Santoro, direttrice pro tempore per il 2010 (nota aggiornata nel maggio 2011).

[76] Ad esclusione ovviamente della Sentenza del 1450 già dichiarata come deperdita. Cfr. la nota [70].

[77] Cfr. l’edizione e l’ampia nota introduttiva in: R. PEZZOLA, Le carte della chiesa di Santa Eufemia di Teglio, pubblicate on line nell’ambito del progetto di ricerca dell’Università di Pavia Codice diplomatico della Lombardia medievale (secoli VIII – XII) , all’indirizzo http://cdlm.unipv.it/edizioni/co/.

[78] Ma alcuni frammenti di codici furono collocati separatamente. Molti di essi oggi si trovano all’interno di una cassettiera e sono oggetto di specifico studio nell’ambito del completamento della ricognizione, come descritto alla nota [75], in collaborazione con mons. Felice Rainoldi (nota aggiornata nel maggio 2011).