Per una storia del “Fondo Pergamene” dell’Archivio notarile di Sondrio

2. Storia e descrizione di un versamento

2.4. Un progressivo cambio di prospettiva

Tuttavia, negli anni a seguire, alle scritture di Bormio toccarono le vicende di un nuovo ripensamento: furono tolte dalle camicie e rilette in una nuova prospettiva.

Tale operazione dipese certamente da un cambio di visuale nei confronti delle estrazioni in mundum e da uno slittamento di ambiti di interesse. Se infatti sino alla metà dell’Ottocento risultava prevalente l’attenzione alla tutela del diritto pubblico e privato – interesse che era stato discriminante per la scelta di conservazione della singola scrittura e determinante per il trattenimento di un certo atto –, dall’ultimo quarto dell’Ottocento, si iniziò a guardare alle carte più antiche con occhio differente. Subentrò una attenzione anche culturale nei confronti delle scritture d’archivio e si iniziò a valutare il tipo di supporto del documento.
Nel corso dell’Ottocento, secondo una prospettiva progressivamente affermatasi e che aveva avuto un illustre teorizzatore in Angelo Fumagalli (1728–1804), abate del monastero di Sant’Ambrogio di Milano, si scelse di valorizzare le pergamene ‘in quanto tali’. L’opera Delle Istituzioni Diplomatiche, pubblicate a Milano nel 1802, costituì «il punto di partenza per gli archivisti lombardi, che con il Bossi e il Daverio si cimenteranno nell’Archivio diplomatico» [62]. Sulla scia di questa teorizzazione e di queste esperienze, ad un certo punto, i documenti su membrana cominciarono ad essere isolati rispetto a quelli cartacei e furono costituiti quali nuclei documentari a sé stanti. In tale ottica e pratica si originò anche il fondo Diplomatico del Notarile di Sondrio, ad Ottocento inoltrato, in età piuttosto tardiva rispetto a quella di esperienze già maturate e consolidate in diversi contesti lombardi [63].

Così le pergamene – a partire almeno dalla seconda metà dell’Ottocento – furono oggetto di una rinnovata cura in ordine alla custodia e alla conservazione. Tutte le pergamene sciolte che nel corso degli anni erano state rassegnate all’Archivio vennero riunite in un’unica collocazione. Alcune membrane, poi, furono staccate dalle precedenti sedi di reimpiego e poste al fianco delle altre: avvenne che alcune coperte flosce furono scucite per essere collocate all’interno del Diplomatico.
A causa di tali operazioni, per le pergamene versate nel 1833 dalla Pretura di Bormio, che sino ad allora avevano conservato la propria specificità storica, ebbe avvio un percorso di ‘perdita di identità’ e un processo di ibridazione con altri documenti aventi in comune l’unico carattere del supporto membranaceo. In altre parole, entrate a fare parte del Diplomatico dell’Archivio notarile e smarrita la loro peculiare storia, cominciarono a presentarsi come un corpo disarticolato.

L’iniziativa di isolare i documenti su membrana, in una prospettiva orientata a privilegiarne gli aspetti culturali e a valorizzare la preziosità del suo supporto di scrittura unitamente alla antichità del documento, è confermata da una informazione cronologicamente collocata poco più di cinquant’anni dopo: essa costituisce un punto di osservazione retrospettivo privilegiato.
L’anno è il 1946. Il 3 ottobre, con decreto del Ministero dell’Interno – ai sensi degli articoli 2 e 42 della legge 22 dicembre 1939 numero 2006 – venne istituita la sezione di Archivio di Stato di Sondrio, attiva dal primo di novembre del medesimo anno [64]. Prese sede al secondo piano e in parte al piano terreno del palazzo ove si trovava già collocato l’Archivio notarile, presso palazzo Martinengo, sulla sponda sinistra del torrente Mallero (sede attuale dell’archivio di Stato) [65]. La nuova sede aveva sostituito quella antecedente presso l’oratorio sconsacrato ed alienato del Suffragio.
Nei mesi immediatamente successivi alla nuova istituzione vi pervenne il primo versamento di scritture da parte dell’Archivio Notarile. Si trattava di 8959 protocolli d’imbreviature di atti rogati da 1639 notai della Valtellina, dal 1254 [66]fino al secolo XVIII. Ma l’attenzione è da puntare soprattutto su di un altro versamento, avvenuto il 9 novembre 1950. Come appare dal verbale di consegna, in quella data «il signor dottor Luigi Mistretta nella sua qualità di conservatore dell’Archivio notarile distrettuale di Sondrio (…) consegna al signor dottor Pasquale Giannone, direttore della sezione di Archivio di Stato di Sondrio numero 296 documenti notarili dei quali 292 in pergamena e 4 in carta, compresi tra gli anni 1117 e 1634. Il dottor Pasquale Giannone, previo riscontro del materiale versato con l’elenco che si allega quale parte integrante, ritira nella sua predetta qualità il materiale di cui sopra dandone formale discarico» [67].

Come indicato nella accompagnatoria, quattro scritture versate erano cartacee: si trattava di quattro formulari del XVII secolo [68]. Inoltre, al n. 2 della busta 3 era descritta una matricola di notai, che cronologicamente si estendeva dal 1561 al 1604 [69]. Infine, i numeri 5, 6, 8 e 9 della busta 6 non descrivono documenti notarili, ma frammenti di codici liturgici, ovvero sia reimpieghi staccati (coperte flosce di protocolli). Dunque furono complessivamente versati 287 documenti notarili, suddivisi in 7 buste. Di tutti questi documenti, uno soltanto risulta attualmente deperdito [70], mentre per tutti gli altri è stata possibile una individuazione certa fra quelli attualmente conservati presso l’Archivio di Stato di Sondrio. La loro identificazione si è resa praticabile sia grazie al riscontro delle date – topica e cronica – congiuntamente alla verifica del notaio rogatario (dati riportati nell’elenco di versamento), sia grazie al rilievo della presenza sul dorso di numerosissimi dei documenti versati nel 1950 di una piccola etichetta indicante la posizione di ciascuno all’interno delle sette buste consegnate dal Mistretta.

Le caratteristiche del fondo versato nel 1950 sono testimonianza concreta dell’ulteriore evoluzione del Diplomatico in poco più di un cinquantennio. Così appare chiaro che le scritture versate da Bormio nel 1833 erano state affiancate e progressivamente fuse con altri documenti su pergamena. Era accaduto, ad esempio, che entro quel Diplomatico da allora avvertito come unitario, le scritture di Bormio si ritrovassero con quelle «consegnate dal regio subeconomo e notaio Lavizzari dottor Torquato» in data «6 novembre 1897», come annotato al verso della membrana con attuale collocazione n. 253 [71]. Dentro alle buste ‘di fresco’ predisposte i documenti avevano una progressione cronologica; ma le carte bormiesi si trovavano materialmente suddivise entro contenitori diversi, senza una ragione storica almeno apparentemente giustificata [72].



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note

[62] P. PIANO, Michele Paolo Daverio (1770–1824) e Luigi Bossi (1758–1835) e l’Archivio di Stato in Milano dalla I Repubblica Cisalpina alla caduta del Regno d’Italia (1796–1814) , in corso di stampa, p. 6.

[63] E in particolare il riferimento più immediato va ovviamente al Museo diplomatico dell’Archivio di Stato di Milano. A questo proposito: A. R. NATALE, Introduzione, in Il Museo diplomatico dell’Archivio di Stato di Milano, Milano, Provincia di Milano, [1970], pp. VII–XXV e anche PIANO, come alla nota precedente.

[64] G. P. SCARLATA, L’Archivio di Stato di Sondrio ed altre fonti storiche della Provincia, [Sondrio, Bonazzi, 1968], p. 7; Archivio di Stato di Sondrio, in Guida generale degli Archivi di Stato Italiani, voce a cura di G. SCARAZZINI in collaborazione con G. BERTAZZINI e F. PALAZZI TRIVELLI, vol. IV (S–Z), Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato – Archivi di Stato, 1994, p. 249; PIANO, Archivio di Stato, p. 2. Divenne Archivio di Stato in virtù del decreto del presidente della repubblica 30 settembre 1963 numero 1409: PIANO, Archivio di Stato di Sondrio, Ivi.

[65] PIANO, Archivio di Stato, p. 7.

[66] O meglio dal 1321, vide infra.

[67] ASSo, Elenchi di versamento, 1950.

[68] Cfr. la nota [42].

[69] Si tratta del Liber in quo describuntur tabellionatus notariorum publicorum laudatorum et confirmatorum ab inchoato officio cancellerie Vallis mei Iohannis Gregorii Sermondi, edito da M. L. Mangini, nell’appendice documentaria al suo già citato contributo «Membra disiecta», pp. 180–194.

[70] Si tratta di una scrittura in data 12 settembre 1450, Tirano così descritta: «Sententia: sentenza del podestà del terziere superiore della Valtellina». Risultava essere presente nella b. 6, al n. 12.

[71] Probabilmente si tratta delle membrane con attuale collocazione nn. 253–256, rogate dal notaio Simone Paravicini di Civo, figlio del fu Giovanni Pietro, publicus imperiali auctoritate Vallistelline notarius: n. 253 (già b. 5, n. 20 nel versamento del 1850), 1610 agosto 26 – Civo, locatio; n. 254 (già b. 5, n. 21), 1610 agosto 26 – Civo, locatio; n. 255 (già b. 5, n. 22 nel versamento del 1850), 1610 novembre 16 – Campovico, locatio; n. 256 (già b. 5, n. 23 nel versamento del 1850), 1611 aprile 12 – Campovico, locatio.

[72] Vi si rileva di frequente la presenza di sequenze dei precedenti fascicolo per notaio, ma non senza eccezioni e inframezzate da carte ‘estranee’.