Arte e fede nel Santuario.

Arca dell’Alleanza: dal portale di Tommaso Rodari all’ancona di Giovan Angelo Del Maino.

Si sa del rapporto che collegava i due artisti: Tommaso Rodari e Giovan Angelo Del Maino, ambedue già operanti nella Cattedrale di Como [1]. Non solo registriamo un rapporto di conoscenza tra loro, ma anche una consonanza di visione dottrinale soggiacente al loro operare, seppure con debite peculiari varianti espressive. Ed ecco, davanti a noi, una replica.

Portiamoci al centro dell’ancona lignea, sopra la trabeazione della plinta quadrata che fa da base all’impianto ottagonale. Sotto la volta semicircolare è collocata l’immagine del Padre, come sul portale; e identicamente ai lati, stanno l’Annunciante e l’Annunciata. Soffermiamoci in un breve esame.

Dio Padre

Morbegno, chiesa della Beata Vergine Assunta, abside, Giovanni Angelo Del Maino – Gaudenzio Ferrari – Fermo Stella, Dio Padre, sec. XVI primo quarto.

Per effigiare il Padre gli artisti adottano anche dei moduli antropomorfici, oltre ad emblemi allegorici, perché questi rischiano di essere un poco astratti per i destinatari non iniziati e non avvezzi ai rimandi metaforici.
L’ancona tutta costituisce un impianto espressivamente ‘narrativo’. Il Padre ci è presentato a mezzo busto, attorniato da testine di angioli: immagine di pieno spessore familiare–patriarcale (come quella dei nostri biblici ‘padri delle fede’). Egli è ‘ritratto’ in un atteggiamento di amoroso colloquio e di rassicurante protezione, come si dicesse: "Non temete, io vi voglio bene!". Quanta confidenza ispira l’inclinazione del capo, unita alla benevolente espressione del volto [2]. E lo Spirito Santo? Né fiamme di fuoco né la mite colomba: a simboleggiarlo, qui, è una immagine assai più amabilmente espressiva, ricavata dai linguaggi dell’innodia liturgica: la mano. Egli è ‘del Padre dolce mano’, oppure «digitus paternae dexterae». Egli è il Paraclito, protettore e consolatore. Questo sta a significare quella ‘mano’ che è contemporaneamente stesa sopra di noi e tesa per un cenno a Gabriele arcangelo: «Sii messaggero e portatore a Maria dello Spirito Creatore. Lui farà germogliare il grembo della ‘Vergine terra’ [3] per dare carne al mio Verbo».

Come la maternità di Maria si realizza sono gli Evangelisti a narrarcelo. Essi sono le lampade e le colonne dei messaggi della fede. Il Maino, come aveva già fatto nel Duomo di Como nella ancona di sant’Abbondio – ma qui con maggior pertinenza – ce li presenta effigiati sui quattro plinti sottostanti a quattro candelabri che sono, nel contempo, colonne.

parte centrale dell’ancona

Morbegno, chiesa della Beata Vergine Assunta, parte centrale dell’ancona, sec. XVI.

È importante risentire alcuni altri versetti sacri che fanno da contesto e poi da ordito alla composizione teologica – ancor prima che plastica – che interpretiamo.
L’arcangelo parla a Maria e l’assicura che è finito il tempo della ‘desolazione’. Il Figlio che Ella partorirà de Spirtitu Sancto, sarà grande. Il Signore Dio «gli darà il trono di Davide sua padre, e regnerà in eterno» (Lc 1, 32). Annuncio che la dispensazione divina della salvezza è giunta alla pienezza dei tempi. Nel percorso storico del ‘Regno di Dio’ – che si stava svolgendo attraverso molteplici tappe – ecco il giorno decisivo. È l’ora di Dio ‘fedele’ alle promesse: quelle già fatte ad Abramo e alla sua discendenza e rinnovate alla casata di Davide re. Nessuno più di questo pastorello figlio di Jesse, eletto da JHWH quale re d’Israele, è personaggio chiave nella prospettiva messianica. Ma tale appare sopratutto allorché Davide – avendo espressa la volontà di costruire in Gerusalemme una ‘dimora per Dio’, sente dal profeta Natan la divina decisione che ribalta la sua intenzionalità elevata: «Te il Signore farà grande, perché una casa farà a te il Signore!» (2 Sam, 7, 11). Gesù è il vertice della casata regale. E la genealogia ‘discendente’, come ci è presentata da san Matteo, proprio così attacca la recita: «Liber generationis Iesu Christi filii David, filii Abraham» (Mt 1,1). Il popolo della promessa fatta ad Abramo è un ‘popolo regale’. Ad evidenziare ed assicurare questa dignità sarà la discendenza davidica: reggia e tempio della eterna Alleanza sarà il grembo di Maria, custodia del ‘Santo dei santi’; il ‘principe della pace’ sarà l’Emmanuele che Ella offre, il Dio–con–noi.
Abbiamo in mano così la chiave per cogliere la equivalenza teologica di quanto abbiamo già scoperto attraverso il portale del santuario: realizzata ad un nuovo stadio storico, secondo un crescendo provvidenziale, ecco l’identica presenza misterica della divina gratuità, salvifica e santificante. Il ‘Seme’ della Donna, che porta la salvezza del Dio fedele, è il Re della gloria (Regem gloriae in braccio all’Annunciata, Vergine e Madre). E in tale ottica anche il prodigio dell’Assunta già albeggia. La nuova Eva riceverà dal Cristo la gloriosa regalità: e noi tutti ne potremo essere partecipi.

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note

[1] Entro la cerchia di reciproche conoscenze, collaborazioni, consonanze, bisogna inserire anche almeno i nomi di Gaudenzio Ferrari, di Bernardino Luini e di Fermo Stella, tutti attivi a Como, in Valtellina ed a Morbegno.

[2] Ciò che si è osato inserire nella eucologia del Messale italiano a partire dal 1983, ovvero una nutrita serie di attributi ‘paterni’ a Colui che era denominato tradizionalmente solo ‘onnipotente ed eterno’, era già stato anticipato alla comprensione dei credenti mediante queste eloquenti tenerissime immagini.

[3] Così i Padri della Chiesa commentano il passaggio del Sl 84: «Dominus dabit benignitatem et terra nostra dabit fructum suum».