Pergamene sciolte dell’Archivio notarile di Sondrio.

1. Introduzione

1.3. Criteri di descrizione

1.3.2. I campi della descrizione

La tipologia del negozio (fase I):
Per i documenti coincide con l’indicazione del negozio giuridico (es.: venditio, arbitramenta, locatio), per le pagine di codice con la sua tipologia (es.: Messale, Graduale, Breviario…), per le pagine di registri amministrativi con l’indicazione della loro natura (es. liber confessionum, liber intratarum); per le scritture di carattere personale con una breve descrizione che ne indichi la natura (es. oratio). Nel caso in cui su una stessa membrana siano conservati più negozi giuridici, essi –come già anticipato– sono identificati da una lettera alfabetica minuscola (a, b, c…) e descritti in sottounità.

Fig. 23: Scheda descrittiva della perg. n. 1 nel SIAS. In basso, nella voce “sottolivelli” si nota l’articolazione in due sottounità corrispondenti alle due unità documentarie. Clicca sulla foto per vederla ingrandita.


La traditio (fase I):
I documenti conservati sono per lo più originali, ma sono presenti anche copie autentiche (o copie semplici); non mancano documenti incipiati e abortiti, documenti cassati, minute. In molti casi non è stato possibile appurare la traditio del documento, essendo la pergamena mutila nella parte inferiore, ove era vergata la sottoscrizione del notaio.
Si deve qui segnalare un vincolo imposto dal Software di descrizione “Amanuense Archivista”, che non ha consentito di precisare nel campo specifico le sfumature riscontrate (è obbligatoria la scelta di una delle due opzioni: originale/copia). Si è provveduto quindi a inserire una “precisazione sulla traditio” all’interno del campo note.
L’obbligatorietà del campo ha determinato inoltre la sua compilazione anche nei casi in cui esso non ha alcun significato in relazione alla scrittura descritta, come per esempio nelle descrizioni di frammenti di codici.

La data cronica (fase I):
Lo stile della datazione è sempre riferito secondo lo stile moderno (con precisazione nel campo note degli interventi di normalizzazione o di anomalie), indicando l’uso di altri calendari (in particolare quello Giuliano [55]).
Molti documenti non sono attualmente datati in modo puntuale, poiché lo stato di conservazione precario e le frequenti mutilazioni (realizzate soprattutto in sede di reimpiego) hanno determinato la caduta della datatio. Per questo motivo, di necessità si è fatto ricorso ad altri elementi discriminanti, quali gli anni di attività del rogatario, la menzione a testimoni noti, il riferimento ad altri documenti richiamati in quello descritto, eccetera. Non sono tuttavia mancati casi in cui l’unico elemento cronologico certo presente era l’anno del reimpiego, che ha costituito un termine ante quem.

Il rogatario (fase I):
Nel caso di scrittura documentaria, viene indicato il notaio che rogò l’atto (sono qui omessi i nomi di eventuali scriptores o pronotarii). Una annotazione di natura linguistica: i nomi dei notai si sono mantenuti in Latino, se sono in forma Italianizzata è perché lo sono anche nel documento.
Il nome del notaio è sempre accompagnato dal patronimico, dal luogo di provenienza e dalla qualifica completa (ciò ha consentito anche la valorizzazione di quelle istituzioni per le quali il notaio svolgeva la propria funzione professionale). Nel caso in cui manchi qualcuno di questi elementi nella scheda è perché il dato è assente anche nella scrittura descritta.
Nel caso in cui manchi la sottoscrizione del notaio, il dato è evidenziato in due modi:

Nelle specifiche della traditio viene sempre segnalato il nome dell’estensore della copia e la data della sua redazione (laddove indicata).
Il nome del rogatario è indicizzato nella forma normalizzata del nome; mentre nelle schede vengono riportate le varianti onomastiche riscontrate nella singola unità documentaria.

Fig. 24: Il caricamento di un lemma nell’indice onomastico. Clicca sulla foto per vederla ingrandita.


La data topica (fase I):
I nomi dei luoghi in cui vengono rogati gli atti sono indicati con la dizione attuale, secondo la prassi consolidata e condivisa in altri simili lavori.
I nomi dei luoghi della data topica sono indicizzati. Viene indicata l’attuale provincia di appartenenza se diversa da “Sondrio” (ma non per i capoluoghi di provincia), lo Stato se diverso da “Italia”. Nel caso in cui si tratti di una frazione, viene sempre indicato anche il comune di riferimento.
La località della data topica è accompagnata da microtoponimo nel caso in cui esso apporti indicazioni circa l’organizzazione del territorio (es. in contrada, quadra de) o istituzionale (es. prope ecclesiam Sancti Martini). Il microtoponimo non è trascritto nel caso in cui riguardi un attore del negozio (in domo venditoris); ma è indicato se riguarda il rogatario (in domo habitationis mei notarii infrascripti).
Laddove la data topica sia caduta e manchi anche la sottoscrizione del notaio, si è inserito almeno un cenno a qualche elemento disponibile per la contestualizzazione del documento. In primo luogo tale elemento contestualizzante si riferisce alla provenienza degli attori o alla ubicazione della res oggetto del negozio.

Il riuso e la trasmissione (fase II e III):
Viene indicato il nome del notaio responsabile del riuso, accompagnato da patronimico e luogo di provenienza. Nel caso in cui siano documentati due riusi essi vengono sequenzialmente descritti, identificati da una lettera alfabetica maiuscola (A, B).
Viene inoltre indicato puntualmente il numero del vol. di AN in cui il protocollo del notaio venne inserito nel contesto dell’Archivio notarile dipartimentale dell’Adda [56]: si tratta del numero di segnatura ancora oggi utilizzati per la consultazione dei protocolli di imbreviature.

Sono trascritte integralmente tutte le intestazioni e le annotazioni presenti sulla coperta. Esse sono seguite, tra parentesi, dalla fase a cui si riferiscono: fase I (regesto di mano del rogatario, annotazioni di natura archivistica precedenti al riuso); fase II (annotazioni legate al riuso); fase III (annotazioni di mano degli eredi, con precisazione AN nel caso in cui le note siano riferibili al contesto dell’Archivio notarile dipartimentale dell’Adda). In alcuni casi non è stato possibile riferire in modo oggettivo una annotazione alla mano del notaio responsabile del reimpiego o a un successivo erede (fase II o III): sono state indicate le due ipotesi. L’impossibilità frequente di distinguere in modo certo le annotazioni di mano del notaio delle imbreviature dalle note dei suoi eredi, oltre alla stretta correlazione funzionale riconosciuto alla membrana, ha suggerito una descrizione congiunta delle fasi II e III, spesso fluidamente intrecciate (nel senso che talora intestazioni incomplete di mano del rogatario in relazione all’effettivo contenuto sedimentatosi all’interno del quaternus vennero integrate dagli eredi del notaio medesimo). Si precisa che si è prestata attenzione alla tassonomia della scrittura sulla coperta, quale elemento rivelatore dei modi della conservazione delle imbreviature. Nelle trascrizione, se non viene indicata la collocazione, è sottinteso il piatto anteriore, altrimenti viene specificata una diversa localizzazione (dorso, piatto posteriore, risguardi…).

Fig. 25: Scheda descrittiva della perg. n. 396 nel SIAS. In basso, nel campo note, si legge la descrizione del doppio riuso, corredata dalla trascrizione delle antiche intestazioni. Clicca sulla foto per vederla ingrandita.


La descrizione dei caratteri estrinseci (fase I, II, III):
In primo luogo è presentato il supporto (campo obbligatorio in “Amanunese Archivista”), anche se sempre membranaceo. Esso viene descritto nelle sue dimensioni (larghezza x altezza). Viene qui riferito anche se l’unità archivistica è costituita da più peciae cucite.

Viene quindi segnalata la presenza di sigilli (campo obbligatorio, sempre presente anche se con numerazione 0) e di elementi decorativi, quali miniature o preziosismi grafici di rilievo.

Per descrivere lo stato di conservazione si è fatto riferimento ai cinque livelli definiti dalla Commissione per la valutazione del patrimonio archivistico [57]. Si rileva che lo stato di conservazione complessivo delle membrane è generalmente cattivo, spesso pessimo, a causa del reimpiego. Nel caso in cui i singoli pezzi siano stati sottoposti a restauro, il dato è sempre indicato, con specifica della responsabilità dell’intervento e la sua datazione (laddove accertabili).
Anche in questo caso la descrizione è bipartita in relazione alla funzione. Infatti uno stesso pezzo può presentarsi frammentario relativamente alla sua fase nativa, ma integro per la fase del reimpiego, o viceversa (ad esempio più darsi di un documento mutilo per adattarsi al formato di una coperta, oppure di un documento integro che costituì un piatto o una indorsatura di un corposo volume). La mancanza di indicazione di fasi, indica che si è in presenza di un munimen rassegnato e non di un riuso.

Fig. 26: Nella scheda descritiva della perg. 22, la descrizione delle miniature occupa una parte di rilievo.


Rimandi e responsabilità d’autore (fase I, II, III):
Arricchiscono la scheda il rimando a fonti bibliografiche o di altra natura, soprattutto webliografiche (con link preziosi per la costruzione dell’ipertesto).

Chiudono la scheda il campo della responsabilità autoriale di compilazione e quello della data di redazione.


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note

[55] Riguardo al calendario Giuliano in Valtellina, cfr. MAISSEN, Le controversie per il calendario nei grigioni (1582–1812), pp. 57–86.

[56] I volumi si presentano come manoscritti fattizi, che riuniscono più protocolli, da un medesimo volume provengono più coperte. Ma non sempre così, perché a volte un volume coincide con un registro preventivamente prodotto dal notaio e poi scritto. Quel che si è rimarcato in questo modo è la non coincidenza tra volume e protocollo, per dare conto della varietà conservativa precedente alla forzata unificazione.

[57] Nuova classificazione degli elementi attivi e passivi del patrimonio dello Stato e loro criteri di valutazione, a cura della Commissione per la valutazione del patrimonio archivistico a interpretazione del Coefficiente di valutazione B – Stato di conservazione e completezza previsto dal decreto del Ministero dell’Economia e Finanze 8 aprile 2002. Questa classificazione definisce gli stati di conservazione articolandoli in: Pessimo, Mediocre, Discreto, Buono, Ottimo.