Regole generali per gli esposti
nello spedale di Morbegno – 1853

Gli esposti

Il titolo del documento qui presentato fa riferimento agli ‘esposti’. Chi erano?
Si chiamavano esposti i neonati abbandonati da parte di genitori che non volevano, o non potevano, provvedere all’allevamento di quelle creature.
Gli infanti venivano depositati, solitamente, presso la ruota.
Essa consisteva in un meccanismo ‘a torno’, ossia rotondo e girevole, a forma di cilindro e diviso in due parti: quella per deporre gli esposti era rivolta verso la strada. Girata verso l’abitazione del custode dei trovatelli diventava luogo per la loro accoglienza. Accoglienza ‘aperta’, perchè l’altra metà affacciandosi sulla strada, dava spazio ad un nuovo ‘deposito’. Ambedue i vani avevano, a protezione, uno sportello.
Sull’esterno, a fianco della ruota, non mancava una campanella il cui tintinnio avrebbe richiamata una pronta attenzione del custode. Inoltre, un foro praticato nel muro (sul tipo di quello presente per le offerte nelle chiese di campagna, o un poco simile a una più recente buca postale) serviva per la raccolta delle oblazioni spontanee dei benefattori.

Solitamente i bambini non venivano abbandonati senza un segno di riconoscimento
La decisione di deporre un figlio nella ruota o, come poteva avvenire in altri casi, in un forno, o sul letto di un biroccio o sulla porta di un convento (e a Morbegno il ‘convento’ era il monastero della Presentazione) nascondeva e, nel contempo, palesava degli acuti drammi familiari, e soprattutto i dolorosi conflitti interiori delle madri. In alcuni casi le mamme coltivavano la speranza di potersi riprendere, un giorno, il proprio bambino o la propria bambina, divenuti grandicelli.
Proprio per questo accanto ai numerosi neonati abbandonati, venivano depositati degli oggetti che avrebbero potuto testimoniare, in futuro, una appartenenza e assicurare un riconoscimento sicuro. Come supporti identificativi, ad esempio, spesso figurava una parte di carta da gioco o una immaginetta sacra. L’altra parte della immagine era conservata dai genitori, o dalla madre, per una futura attestazione che sancisse il ‘ritrovamento’. Questo modo di procedere corrisponde al significato originario della parola ‘simbolo’. Essa deriva dal greco ‘sum–ballo’ che significa ricomporre in unità delle parti separate.
Il custode della ruota era tenuto, per questo, a mettere a verbale, con scrupolosa precisione, tutto ciò che avesse trovato addosso all’esposto o depositato accanto ad esso.


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