Arte e fede nel Santuario.

Sapienza iconografica e sapore iconologico.

«Volendo creare una immagine della bellezza assoluta e manifestare chiaramente agli angeli e agli uomini la potenza della sua arte, Dio ha fatto Maria come assoluto capolavoro. Egli ha riunito in Lei le particolari bellezze distribuite alle altre creature e l’ha costituita comune ornamento di tutti gli esseri visibili ed invisibili» (Gregorio Palamas, sec. XIV).

I nostri avi – committenti ed artisti, annunciatori del Vangelo ed umili discepoli della verità, uomini dotti imbevuti di dottrina teologica o semplicemente poveri uomini affamati di giustizia – hanno contribuito a dare esistenza e forma a tutto ciò. Si sono impegnati con ogni amore ed ogni risorsa nel tentativo di trascrivere visibilmente la bellezza spirituale di Maria, memorialmente irradiata dalla sua figura storica. Hanno moltiplicato i vocaboli narrativi e le cifre simboliche, il gioco delle iscrizioni verbali e quello di raffinati messaggi mediati da altri codici, per aprire, attraverso Maria, una finestra sul sublime di Dio. Hanno lasciato impronte di generosità, testimonianza di gusto, tracce di tenerezza.

«Si vede nella sua opera perfetta (nell’uomo da lui fatto) quale architetto Dio è (…). Chi vede con occhi vigili e ode con orecchie attente dia il bacio del suo abbraccio alle parole misteriose che io dico».

Così scrisse Ildegarda di Binghen in una delle sue rivelazioni (Scivias 2, 2).

Stimolato dalla grande mistica medievale, vorrei sapervi iniziare ad una contemplazione misterica.
Il compito affidatomi l’ho inteso come impegno a delineare una ermeneutica dell’azione storico salvifica, quale rivelata e mediata dalla complessità iconica di alcuni tra i principali contributi artistici di questo tempio sacro.
È la prospettiva in cui intendo muovermi e vi invito a seguirmi. Vorrei darvi l’input per un sempre più vivace e rinnovato ascolto–colloquio con questo santuario, al di là della assuefazione visiva che a volte riesce ad offuscare più che rivelare [1].
Un santuario è un libro di Vangelo, prima e più di un nobile museo sacro. Si erge come richiamo ed appello a percorrere i cammini di Dio: sulle tracce dei cammini di Maria, madre e sorella.

cupola

Morbegno, chiesa della Beata Vergine Assunta, Andrea Albiolo, Angelo nella cornice dell’ancona lignea, 1712.

Sono consapevole della complessa organizzazione architettonica ed iconografica del santuario, che ne rende difficile una lettura organica di valenza ‘iconolologica’, ovvero tale da far emergere – mediante ma oltre la proprietà delle forme – lo splendore delle verità evocate. Soltanto poche cose potrò esporre: si iscrivono nell’orizzonte di studi dotti ed appassionati già presenti. Accogliete le mie parole come incoraggiamento a proseguire la strada. Quella definita, appunto, da Ildegarda: pacato cammino visivo e impegno delle orecchie per percepire i significanti in modo tale che maturi in noi il bacio da imprimere a sublimi doni e messaggi.

Lo stile opportuno di accostamento è quello della gratitudine.
L’atteggiamento fondamentale dell’animo è lo stupore.
Non è una fortuna l’avere, come sentinella alle nostre dimore, questa santa casa? Entrandovi, come esprimere questa consapevolezza se non con l’appropriarci del sorriso del volto degli innumerevoli angeli che sono qui effigiati? e riprodurre nei nostri la lucentezza dei loro occhi? Come non associarci alla loro coralità giubilante, vibrando in armonia con gli strumenti concertanti della loro orchestra? Come non sentirci invitati a prendere parte al gaudioso offertorio della loro danza? Quanta segnaletica angelica è stata introdotta in questo tempio! Sarebbe davvero una cosa interessante se qualcuno provasse a farne il conto! Sono i modelli visibilizzati – ma pensiamo anche alla invisibile vivente schiera degli angeli nostri custodi di cui la Vergine è Regina – di quella animazione spirituale che interpella ogni nostro sostare qui. E rimangono quale stabile richiamo per tutti coloro che arriveranno dopo di noi [2].

La festa angelica per Maria che ho evocato attua perfettamente quanto dichiarano le iscrizioni scolpite sopra le due finestre della facciata: quella facciata alla quale ritorneremo, in quanto si presenta come la ‘carta di identità’ del santuario. Vi si leggono le parole dell’antifona: Ave, Regina caelorum (tale è santa Maria Assunta) e Ave, Domina Angelorum, per il servizio tripudiante degli angeli che la circondano.

L’arte del santuario è sostanzialmente tutta celebrazione di santa Maria glorificata in anima e corpo. Il tempio prende oramai nome da Lei, la Donna che la liturgia del 15 Agosto, caricando di senso cristologico ed escatologico il testo dell’Apocalisse (Ap 12,1), identifica con il signum magnum apparso nel cielo. Questo zenit della vicenda della fanciulla di Nazareth rivela la sua persona come mirabile sacramento della fede. Ella è decisivo rimando, compiuta evocazione e mirabile attuazione dell’intera Storia della salvezza.

adamo

Morbegno, chiesa della Beata Vergine Assunta, abside, Giovanni Angelo Del Maino – Gaudenzio Ferrari – Fermo Stella, Ancona lignea, sec. XVI primo quarto.

In Maria Assunta si leggono correlati tutti gli eventi della Storia sacra, compenetrati tutti i misteri della vita storica di Gesù, anticipati i tratti del destino di una pienezza che per noi non si è ancora manifestata (1 Gv 3,2). Maria glorificata è compimento d’ogni attesa, specchio della eterna Sapienza, corona di tutti i dogmi, vertice dell’intera ‘economia’ divina, profezia e caparra della sorte degli uomini oggetto della divina benevolenza. La Vergine, Assunta–Regina è il capolavoro eccelso della storia visitata da Dio e in cammino verso il suo Regno.
Riesprimo e ribadisco queste affermazioni prendendo a prestito un breve tratto dell’omelia ‘innica’ pronunciata da san Cirillo Alessandrino al concilio di Efeso [3]:

«Ti salutiamo, Maria, Theotokos (Mater Dei),
venerando tesoro di tutto l’universo,
fiaccola inestinguibile, corona della verginità,
scettro della vera fede, tempio indistruttibile,
santo verginale grembo che hai contenuto l’incontenibile.
Per te la Trinità santa è glorificata e adorata.
Per te il cielo esulta, gli angeli gioiscono, i demoni sono messi in fuga.
Per te la creazione, schiava dell’idolatria, perviene alla verità.
Per te il santo battesimo e l’olio dell’esultanza raggiungono i credenti.
Per te sono fondate le Chiese su tutta la terra, e si convertono le genti».

Con queste cinque espressioni causali e indicanti una mediazione strumentale (per te) san Cirillo potrebbe offrirci il tracciato per il percorso dettagliatamente illustrativo di tutti gli elementi del santuario: se non si fosse costretti dal tempo a fare delle scelte.

«Per te la Trinità santa è celebrata (glorificata e adorata)».
È irrinunciabile soffermarsi un poco almeno su questa prima enunciazione, dalla quale discendono tutte le altre. L’Assunta è il ‘regalo’ sorprendente della Trinità per la Chiesa e per il mondo. Al mistero di Dio Uno e Trino Ella ci riconduce, così come ogni ‘dono’ postula riferimento a chi lo offre e come ogni segno rimanda al rispettivo significato.

In questa sinergia tra cielo e terra si impernia il miracolo che ci salva. Maria nelle mani del Signore diventa parola e strumento del nostro riscatto, ‘causa della nostra gioia’.

Vediamo allora come gli artisti, chiamati ad operare per il santuario, hanno saputo assimilare questo orizzonte biblico–teologico e sono riusciti a declinarlo con magistrale pertinenza.

Partiamo da due punti di osservazione, complementari. Sono come un unico complesso accordo musicale, che può essere arpeggiato dall’alto o dal basso ma, in definitiva, fa risuonare l’identica armonia. Analogamente procedono i Vangeli quando presentano la genealogia di Gesù. Proprio questo doppio modo di procedere (cfr Mt 1–17 e Lc 3, 23–28) può fare da sfondo ai nostri primi percorsi.
Ci recheremo allora, con l’attenzione, all’esterno: davanti al portale del Santuario.
Poi ritorneremo davanti all’ancona puntandovi gli occhi.


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note

[1] Da notare come questo pericolo era a suo modo vigilato nella tradizione antica. Sappiamo che la meravigliosa ancona che ci sta davanti all’origine era dotata di ante dipinte. Non rimaneva sempre aperta agli sguardi, così come un prezioso monile non si esibisce tutti i giorni. Quel ‘digiuno visivo’ veniva interrotto nelle circostanze opportune per ridare impulso alla ‘meraviglia’ e per riaccendere la festa. Le ante furono rimosse quando nel 1711–1712 l’ancona venne ‘incorniciata’ dalle figure di angeli e da volute di foglie d’acanto, opera dell’intagliatore Andrea Albiolo. L’unico elemento superstite della chiusura originaria del retalblo si ritiene l’effigie a tempera della Natività di Maria (opera quasi certamente attribuibile a Gaudenzio Ferrari), che entrando in santuario si vede subito a sinistra sulla parete, anche se la collocazione è piuttosto infelice.

[2] Non soltanto gli angeli. La visita in carne umana di Dio è una festa cosmica. Ad essa partecipano persino gli animali a cominciare dall’asino e dal bue raffigurati nella grotta di Betlemme. Gli artisti, illuminati dai canti della liturgia, hanno tradotto questo ‘fiuto’ (esemplare per altrettanti esseri ragionevoli) davanti al magnum mysterium et admirabile sacramentum del Bambino nella stalla accanto all’inclita Madre. Qui, nel santuario, si può osservare la tensione quasi affettuosa ed orante dei due animali nella stupenda opera che il maestro vetraio Domenico Cazzanore da Blevio ha realizzato nella cappella di Sant’Anna. Ma egualmente parla il medaglione affrescato da Pietro Bianchi sul voltino del presbiterio.

[3] Omelia IV (Pg 77, 991).

[4] "L’anima mia magnifica il Signore… perché ha guardato l’umiltà… Di generazione in generazione la sua misericordia… Egli ha spiegato la potenza…" (cfr. Lc 1, 46–55). Il Magnificat è il culmine quotidiano della liturgia della lode.