Arte e fede nel Santuario.

L’incontro con mons. Rainoldi presso l’Assunta.

Non c’è veramente nulla di più diretto e di più suggestivo che seguire una conferenza, il cui argomento è costituito proprio dal luogo in cui ci si trova. L’hanno dimostrato i due precedenti incontri tenuti presso il Santuario dell’Assunta di Morbegno da mons. Lanza e da don Xeres, ma l’ha confermato ancor più l’intervento di mons. Felice Rainoldi, lunedì 26 maggio.

Il suo è stato "un pellegrinaggio di fede attraverso le opere d’arte del Santuario, quindi non da esteta, ma da credente". Ed è stato un viaggio molto lungo, ricchissimo di riferimenti teologici, di citazioni bibliche e dei Padri della Chiesa, di minuziose analisi artistiche, di suggestive ipotesi interpretative, con una partecipazione emotiva a tratti intensa e vibrante.

I nostri avi, ha esordito mons. Rainoldi, con la costruzione e la decorazione artistica di questo meraviglioso santuario, si sono impegnati a fondo per riprodurre visivamente la bellezza di Maria, che è la bellezza assoluta, il più alto capolavoro di Dio, l’ornamento di tutti gli esseri visibili e invisibili, la finestra attraverso la quale possiamo contemplare la sublimità di Dio. Anche gli antichi sapevano, però, che le immagini possono creare in noi un’assuefazione visiva e passare quindi inosservate. Per questo avevano coperto l’icona della Vergine con delle ante, per proteggerla come un gioiello, per creare nei fedeli una specie di digiuno visivo e dare quindi un nuovo impulso alla meraviglia quando di nuovo veniva mostrata ai loro occhi.

L’itinerario artistico del relatore si è focalizzato soprattutto su due elementi: la facciata, scolpita da Tommaso Rodari e l’ancona lignea intagliata da Angelo del Majno nei primi decenni del Cinquecento. I due artisti erano amici, avevano lavorato insieme alla cattedrale di Como ed erano accomunati dalla caratteristica di saper dare alle loro creazioni, oltre alla perfezione formale, anche un solido impianto teologico.

Nella facciata viene sviluppato il tema della caduta dell’uomo con il peccato originale e della salvezza operata da Dio attraverso Maria, "porta del cielo", che è raffigurata nel rosone centrale, nell’atto ii consegnare Gesù agli uomini.

Anche la bellissima ancona lignea che orna l’altar maggiore ripropone il tema della salvezza, con l’immagine del Padre e la scena dell’Annunciazione. Al centro è mirabilmente inserito il dipinto della Vergine, conservato dagli antidesichi come un vestigio prezioso della precedente costruzione. Maria è seduta in trono ed è Ella stessa trono vivente per Gesù. La sua mano destra è posata su un libro, simbolo della verità rivelata attraverso la Bibbia, mentre la sinistra tiene il Bambino. Questi è raffigurato nel gesto molto spontaneo e infantile di afferrare i suoi piedini.

E qui l’attentissima analisi di monsignor Rainoldi si è spinta fino a immaginare un ipotetico dialogo tra Madre e Figlio, come se davanti ai suoi occhi non ci fosse stato un dipinto, ma due persone reali. Ai lati della Vergine sono collocate le statue dei santi Lorenzo e Bernardo, i titolari della chiesetta preesistente al Santuario.

Più sotto ci sono le immagini di S. Giovanni Battista, patrono di Morbegno e di un santo che viene comunemente identificato come S. Rocco, protettore contro la peste. Mons. Rainoldi esprime dei dubbi su tale identificazione, perché alla scultura mancano alcuni dei segni iconografici propri del santo e suggerisce l’ipotesi che si tratti in realtà del re Davide. Nell’impianto centrale dell’ancona, infatti, è possibile individuare una linea verticale che l’attraversa tutta, dalla base, dove è raffigurato lo sposalizio della Vergine con Giuseppe, figlio di Davide, fino al vertice, dove si trova l’Assunta, la Regina dei Cieli, sopra il coro degli angeli e degli Apostoli: rappresenta la linea regale, che parte da Davide e culmina con il Cristo e la Vergine.

Gli altri quattro pannelli che ornano la base dell’ancona e cioè il Natale, la fuga in Egitto, il ritrovamento di Gesù nel tempio e la Pentecoste sembrano non avere un ordine logico. In realtà, se vengono letti in forma incrociata, due rappresentano momenti di angoscia e di dolore (la fuga in Egitto e lo smarrimento di Gesù), due rappresentano eventi natali: del Cristo e della Chiesa. Sembra quindi che, attraverso la sofferenza e il dolore, Maria sia chiamata a diventare, oltre che madre di Gesù, anche madre della Chiesa.

Tutto il Santuario, poi, è ricchissimo di dipinti che riproducono angeli, santi e scene bibliche legate a Maria. Il relatore si sofferma in particolare sul grande affresco del Romegialli che orna la volta sopra l’altare. E come "un ardito ritratto di famiglia della Confraternita della Madonna". Due grandi angeli, infatti, sembrano invitare i fedeli alla devozione, mostrando i simboli e la divisa della Confraternita. Al centro, la Vergine, in atto di materna protezione, è circondata dai confratelli vestiti di bianco. Presso una balaustra, di grande suggestione prospettica, un anziano sembra indicare ad un giovane il sicuro cammino verso la salvezza.

Il lungo pellegrinaggio artistico di mons. Rainoldi non poteva concludersi con il consueto applauso, come una comune conferenza ed è infatti terminato con una preghiera di lode a Maria, nella chiesa a lei dedicata.

Cirillo Ruffoni




(Questo articolo è apparso a stampa in Settimanale della diocesi di Como, 31 maggio 2003, p. 28).

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