La riscoperta di una Collezione

a cura di Angela Dell’Oca e Elisabetta Sem

Sondrio 2010, Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura, pp. 179, ill. b/n e colori, s.i.p.

La copertina del libro



Un volume coordinato da Roberto Cassanelli ha ripercorso, attraverso saggi e schede, la storia delle camere di commercio e il ruolo rivestito da queste istituzioni, nel corso Novecento, nel campo della committenza architettonica e del collezionismo d’arte (Arte, economia e territorio. Architetture e collezioni d’arte delle Camere di Commercio, Jaca Book, Milano 2008). Una simile impresa, che ha raccolto e organizzato per la prima volta in modo organico le innumerevoli e multiformi tessere di una vicenda storica complessa, trova ora nel catalogo edito dalla Camera di Commercio di Sondrio un esempio di approfondimento su un caso singolo, ma per molti aspetti unico nel panorama delle sedi camerali italiane.
Eredi di una lunga e prestigiosa tradizione di committenza, quella delle corporazioni delle arti e dei mestieri, le camere di commercio a partire dalla fine dell’Ottocento esitarono a recuperare una leadership in questo ambito, privilegiando nella maggior parte dei casi esigenze di arredo e decorazione. Le collezioni artistiche camerali sono quindi di formazione estemporanea e spesso recente, così come sul fronte dell’architettura delle sedi piuttosto limitate appaiono le occasioni di aggiornamento almeno sino al secondo dopoguerra. Gli anni Cinquanta del Novecento si segnalano come momento di parziale ripresa, se si prendono in considerazione la costruzione del nuovo Palazzo dei Contratti e delle Manifatture di Brescia (architetto Marcello Piacentini), gli interventi di Lucio Fontana, Mario Negri e Cristoforo De Amicis nella sede di via Meravigli a Milano, le mostre del mosaico moderno di Ravenna, solo per fare una rapida rassegna.
Il caso della Camera di Commercio di Sondrio si divide tra due opposte tendenze, che si riflettono in modo perspicuo nella consistenza della collezione artistica di proprietà dell’ente, come efficacemente mette in evidenza, nel suo testo in catalogo, Cecilia De Carli. Ad un primo ristretto nucleo formatosi negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, composto da opere di due artisti non oriundi ma attivi quasi esclusivamente in territorio sondriese, Paolo Punzo e Livio Benetti, si affianca una serie più cospicua di dipinti e sculture presentate a più riprese, tra il 1949 e il 1965, alle mostre personali e collettive patrocinate dallo stesso ente camerale, con lo scopo dichiarato di incoraggiare la produzione artistica nel territorio provinciale. Lo stretto legame tra le esposizioni annuali e i circoli artistici sondriesi, legati a doppio filo con il capoluogo lombardo, trova la sua prima eco in una serie di iniziative di decorazione di spazi ed edifici pubblici e nell’incremento delle raccolte civiche, episodi di cui dà conto in catalogo Angela Dell’Oca.
La decisione di bandire, nel 1952, un concorso nazionale per la progettazione di una nuova sede camerale rappresenta per l’ente sondriese l’atto che doveva sancire il rilancio della propria attività. La giuria composta da nomi eccellenti dell’architettura italiana del secondo dopoguerra – da Giovanni Michelucci a Giò Ponti – decretò vincitore il progetto dell’équipe guidata da Ico Parisi. L’adesione di Parisi al gruppo che allestì nel 1954 la X Triennale di Milano doveva garantire la realizzazione di un edificio in cui architettura e arti visive potessero trovare uno spazio comune di dialogo, interazione e fusione. La costruzione del palazzo della Camera di Commercio di Sondrio ebbe luogo tra il 1953 ed il 1956, anche se per motivazioni di natura economica si rinunciò al corredo di opere d’arte che Parisi aveva previsto. La realizzazione della nuova sede non determinò neppure nuovi indirizzi nella politica di acquisti di dipinti, fatto salvo il caso “istituzionale” del piccolo tondo di Aligi Sassu, Cavallo sul mare, giunto a Sondrio nel 1954 allorché il pittore disegnò l’emblema dell’ente.

progetto

Figura: I. Parisi, Primo progetto per la Camera di Commercio di Sondrio, 1952. Modena, Galleria Civica – Raccolta del Disegno Contemporaneo, Fondo Ico Parisi.

Se il palazzo della Camera di Commercio di Sondrio è quindi episodio significativo nel quadro del percorso professionale di Parisi, soprattutto per la concomitanza della Triennale del 1954, esso è anche un’opera compiuta, un’architettura autosufficiente, che si lascia apprezzare per la riflessione sulle superfici. Il confronto tra l’edificio realizzato e le prime idee progettuali, documentate da rapidi schizzi [figura], in cui evidente è il richiamo all’architettura del grattacielo Pirelli, di cui condivide la tensione e l’entasi delle verticali, indica che proprio il palazzo di Sondrio fu occasione di verifica e maturazione di idee e stilemi. La mancata inserzione di opere d’arte di fatto vanificò l’istanza antifunzionalistica di Parisi, che desiderava concepire uno spazio in primo luogo “estetico”, consegnando un edificio in cui fortissima era la valenza formale degli elementi strutturali, in primo luogo i pilastri.
Il vero spartiacque è rappresentato infatti, sul fronte della committenza e del collezionismo, dall’intervento di restyling e di arredo dell’edificio messo in opera nel 1991, su incarico della stessa Camera di Commercio e avvalendosi sempre dell’opera di Ico Parisi. Il catalogo coglie questa divaricazione nella suddivisione delle opere in due gruppi distinti, che vanno dagli anni Quaranta agli anni Sessanta il primo e dagli anni Ottanta e Novanta il secondo. In quest’ultimo nucleo spiccano le opere site specific di Alik Cavaliere, Lucio Del Pezzo, Davide Benati, Giuseppe Maranello e Emilio Tadini, commissionate per gli spazi di rappresentanza e gli uffici delle cariche istituzionali. Non è possibile purtroppo misurare nel dettaglio in quali termini l’intervento curato da Parisi nel 1991 si discosti da quanto l’architetto aveva previsto quasi quarant’anni prima, ma alcune considerazioni sia pure parziali e provvisorie emergono ad una prima valutazione d’insieme. Il grande pannello polimaterico di Cavaliere riprende nel titolo, Sondrio e il suo territorio, la tradizione di paesaggismo locale che caratterizza molti dei dipinti raccolti negli anni Cinquanta e Sessanta e risponde nel contempo ad un’esigenza di rappresentazione del luogo, anche se il richiamo letterario all’Orlando furioso è, a ben vedere, puramente evocativo; la collocazione nel luminoso atrio lo mette in dialogo diretto con la fontana realizzata da Parisi ai lati della scala d’ingresso al palazzo come «elemento discorsivo della piazza». Nella grande sala auditorium è invece il mosaico di Emilio Tadini, Città italiana, a monopolizzare l’attenzione, risultando tuttavia una composizione quasi citazionistica di elementi selezionati ora dal mondo dell’illustrazione libraria ora dal repertorio novecentesco dei paesaggi urbani. Il ritorno di Parisi a Sondrio negli ambienti interni della Camera di Commercio mira alla sottolineatura degli spazi pregnanti con l’inserimento di opere che deliberatamente, nell’eterogeneità dei linguaggi espressivi, trasfigurino l’edificio in galleria delle arti, indicando il prevalere delle esperienze estetiche sulle istanze puramente funzionali.
Alle opere site specific la Camera di Commercio di Sondrio ha affiancato nel 1992 un gruppo di dipinti e sculture di Gianfranco Pirondini, Valerio Righini e Bruno Ritter. L’ingresso di questi tre artisti nella collezione dell’ente segna il passo rispetto alla politica di acquisizioni dei decenni precedente, dimostrando una sensibilità diversa, puramente collezionistica, slegata ora da esigenze di decorazione o rappresentanza.
Il catalogo della collezione della Camera di Commercio di Sondrio appare, in definitiva, esemplare per la ricchezza degli spunti offerti ad un approfondimento della ricerca sul collezionismo degli enti pubblici, in anni in cui appare predominante l’attenzione riservata dalla critica e dal mercato alle raccolte artistiche degli istituti di credito bancario.

Gianpaolo Angelini



(Questa recensione è apparsa a stampa in “Critica d’arte”, UIA – Università Internazionale dell’Arte di Firenze, n. 41–42 (2010), pp. 159–161).



Data di pubblicazione il 30 maggio 2013.


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