L’ortorio dei confratelli di Civo

Religiosità popolare ed arte in Valtellina tra Quattrocento e Cinquecento

di Piergiovanni Damiani

Sondrio, Società Storica Valtellinese, 2003 (Raccolta di studi storici sulla Valtellina, XL).

La copertina del libro



Nel panorama culturale della Bassa Valtellina, uno dei fenomeni più interessanti degli ultimi anni è stato certamente il buon numero di studenti che hanno svolto la tesi di laurea su argomenti tratti dalla realtà storica e artistica locale ed hanno poi visto il loro lavoro pubblicato in un libro. Ciò è la prova di un clima culturale ricco di stimoli, capaci di suscitare nei giovani l’interesse per gli studi storici, ma dimostra anche la serietà con cui vengono svolte le ricerche. L’ultima tesi che ha meritato l’onore della stampa è stata quella elaborata da Piergiovanni Damiani sull’Oratorio dei confratelli di Civo.

Il libro è stato promosso dalla Società Storica Valtellinese (giunta così al cinquantesimo volume della Raccolta di studi storici), con la partecipazione dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano, della Fondazione Pro Valtellina, del Comune e della Comunità Montana di Morbegno, della Parrocchia di Civo, della Provincia di Sondrio ed è stato presentato a Morbegno, fresco di stampa, nei giorni scorsi.

Don Saverio Xeres si è assunto il compito di ‘presentare la copertina’, di tracciare cioè, da par suo, un quadro del clima culturale vissuto dalla cristianità (e dalla Valtellina in particolare) tra Quattrocento e Cinquecento, quello straordinario periodo che ha rappresentato il tramonto del Medioevo e la nascita di un’epoca radicalmente diversa. «La ricerca del Damiani –ha dichiarato don Saverio– si è preoccupata anzitutto di chiarire il concetto di religiosità popolare, molto diffusa in quel periodo, caratterizzata dagli elementi di corporeità, ritualità e umanità, con le devozioni all’Eucarestia, a Cristo, alla Madonna e ai Santi, tipiche della religiosità spontanea del popolo di Dio. Ora se c’è una devozione particolarmente sentita, in quello struggente autunno di Medioevo, è quella della Croce, la cui raffigurazione occupa infatti gran parte dell’affresco di Civo. Nella figura dolente e solenne del Cristo crocifisso si riassume la ricerca di un’intera generazione che distende la propria angoscia, di fronte alla prospettiva della fine, nel consolante annuncio dell’assunzione redentrice, da parte di Dio, del dolore e della morte dell’uomo».

La sponda retica della Bassa Valtellina, più comunemente chiamata Costiera dei Cèch, ha costituito in passato un’importante via di transito ed è stata interessata dalla predicazione dei religiosi appartenenti ai cosiddetti ordini mendicanti, cioè Domenicani e Francescani, molto attivi in quel periodo.

Si deve al loro influsso il fiorire delle confraternite, che svolgevano soprattutto compiti caritativi, nei confronti dei bisognosi e dei viandanti, come è stato ben sottolineato anche negli incontri che sono stati tenuti recentemente presso il Santuario dell’Assunta. Proprio su questo tema Piergiovanni Damiani, con un discorso teso all’essenziale e con l’aiuto di immagini molto ben preparate, ha illustrato il ciclo pittorico che orna l’Oratorio dei confratelli di Civo. L’edificio è stato ricavato dall’abside di una precedente chiesa dedicata a Sant’Andrea, quando questa è stata restaurata nel corso del Seicento ed ha così potuto conservare gli antichi affreschi. L’autore ha offerto una serie di esempi, tratti dalla grande scena della crocifissione, con i particolari dei ladroni, di Longino, di Maria, della Maddalena; ha illustrato le scene della nascita di Gesù, dei Magi, dell’incoronazione della Vergine, con la figura del Padre che indossa un saio francescano ed ha così dimostrato come i dipinti costituiscano un vero «condensato di religiosità e di teologia».

Damiani si è poi soffermato sul problema degli autori degli affreschi, di cui non possediamo documenti certi e sui committenti, che possono essere individuati nei terziari francescani, che avevano un convento a San Giovanni di Bioggio, sopra Traona. Nel complesso il volume, di 266 pagine, ha un’elegante veste tipografica, presenta numerose e nitide fotografie a colori e costituisce, oltre che una fatica lunga e intelligente, uno strumento prezioso per conoscere notizie, personaggi, segni iconografici e simboli di quel particolare periodo storico.

Cirillo Ruffoni



(Questa recensione è apparsa a stampa in Settimanale della diocesi di Como, 28 giugno 2003, p. 28).


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