Il Notariato a Como.

“Liber Matricule Notariorum Civitatis et Episcopatus Cumarum” (1427–1605)

di Marta Luigina Mangini

Varese, Insubria University Press, 2007.

La copertina del libro


In «Ad Fontes» è già stato presentato il primo volume a stampa prodotto dalla giovane studiosa nel 2001 (cfr MARTA L. MANGINI, San Lorenzo di Chiavenna nel XIV secolo attraverso le pergamene del suo archivio). Frutto di una assai più matura ricerca svolta in vista del dottorato in Storia medievale (conseguito presso l’Università degli Studi di Milano, 2005–2006), è apparso, recentemente, questo secondo poderoso volume di ben 683 pagine, testimone di profonda competenza e di rigore metodologico, di passione nell’esercizio professionale e di chiarezza espositiva. Per arricchire il patrimonio della cultura non solo territoriale questo impegno di vastissima indagine costituisce una affluenza importante, e si affianca ad altri contributi di alto livello che ‘scavano’ non per seppellire ma per far risorgere memorie di vita e tesori di storia.

Proprio perché il bacino di conoscenza e di utenza di opere del genere non va oltre un cerchia di ricercatori o di appassionati, è giusto onorare questa e ogni fatica di chiunque si adopera a predisporre strumentazioni raffinate, senza le quali mancherebbe un fondamento solido agli sforzi di più estese e coinvolgenti mediazioni, mirate a convocare un pubblico più ampio al banchetto della cultura, intesa in modo non effimero.

Queste convinte dichiarazioni suppliscano alla impossibilità di dare un resoconto adeguato della massa dei contenuti offerti dal volume. Ma nel contempo siano anche un invito alla lettura –almeno– del saggio che costituisce le prime più di cento pagine: un distillato denso ma tonificante, una sintesi impegnata ma accessibile, un vademecum orientatore di tutti i dati della laboriosa ricerca.

Le annotazioni che ora seguono non altro pretendono che rendere nota ai lettori l’articolazione del libro; non altro intendono che una presentazione sommaria degli elementi essenziali del sommario stesso.

Ci è offerta la storia del notariato esercitato nelle circoscrizioni civili ed ecclesiastiche comensi, ricostruita a partire dal liber matricule superstite, che abbraccia l’arco temporale tra gli anni 1427–1605. Tuttavia l’esposizione dell’autrice si spinge sia antea che postea, avvalendosi di numerose altre fonti disponibili. La nascita del Collegium infatti risale al sec. XIII e la sua soppressione avvenne nel 1796.

L’analisi puntuale delle fonti conservate presso l’Archivio di Stato di Como, con attenzione ad ogni particolare delle ben 2231 formule di immatricolazione, permette di ricostruire un esauriente quadro delle dinamiche collegate con l’apparire e con l’esercizio della professionalità notarile: ne emerge un panorama vivacissimo della vita del territorio indagato, caratterizzato ovviamente dalla mobilità di eventi, di assetti istituzionali, di orizzonti sociopolitici e religiosi collegati all’estesissimo contesto geografico lariano, le cui propaggini vanno dalle valli del Canton Ticino alle contee valtellinesi di Chiavenna e Bormio.

La ricerca è organizzata in due parti principali: una espositiva (pp. 7–116) e l’altra editoriale (pp. 117–526), completate da preziosi elementi sussidiari, da tavole, da esempi illustrativi di signa tabellionatus, da utilissimi indici e da apparato bibliografico (pp. 557–683).

La prima parte con la narrazione della complessa vicenda del notariato a Como si articola in due grandi capitoli riccamente sviluppati in sotto capitoli. Di questi qui si presenta la successione tematica con qualche essenziale accenno contenutistico.

Anzitutto del notariato cumano sono dette le origini e vengono indagate le motivazioni del suo sperimentale progressivo costituirsi in forma associativa, a sevizio delle istituzioni, per una buona amministrazione. Il Collegium appare già negli Statuti duecenteschi e viene poi esplicitamente nominato nella normativa viscontea del 1335, che abbozza una immagine dell’istituzione. Ma la prima esigenza di ristrutturazione ampiamente documentata risale al 1434 (cfr. testo in Appendice, a p. 557). Farà seguito, nell’orbita della dominazione sforzesca, l’ampia redazione degli Statuta del 1458 (cfr. il loro dettato, in 41 punti, alle pp. 558–566). Diventa da allora possibile ottenere una chiara visione delle articolazioni gerarchiche e funzionali del collegio, che dispone pure di una propria sede cittadina. Parimenti vengono illustrati gli ambiti della sua giurisdizione, la ricchezza di un archivio collegiale della scritture e l’insieme dei tratti identificativi e solidaristici degli appartenenti alla comunità notarile. Il secondo più ampio capitolo di questa prima parte (pp. 45–116) documenta in primis gli aspetti della formazione culturale dei notai, nonché l’iter che permette l’accesso al coetus. L’apprendistato dell’ars notarie era fondato su una esperienza in campo, con la guida di un notaio esperto. Il candidato era ammesso al tirocinio solo se disponeva di precise condizioni, senza le quali non avrebbe potuto ottenere l’investitura per un legittimo esercizio dell’ufficio, al grado minimo di secundus notarius. Culmine delle tappe ‘iniziatiche’ erano le definitive laudatio e approbatio. Con l’immatricolazione veniva rogato il pubblico instrumentum tabellionatus. Varie furono le formule succedutesi nei tempi.

Ma non tutto si riduceva a questo status e a questo iter. La storia si presenta carica di eccezioni dovute a varie motivazioni. Oltre a quelle esercitate secondo il tessuto associativo e collegiale, esistettero nel territorio attività notarili autonome (membra disiecta) a motivo di concessioni e privilegi di natura politica, o di interessi peculiari determinati dalla complessità degli assetti istituzionali.

L’analisi di forme di esercizio notarile è spinta al ritmo di tempi e secondo varie latitudini geografiche dalle terre propriamente lariane fino ai territori del Canton Ticino e a quelli della contee di Chiavenna e di Bormio, ai due estremi dell’attuale Provincia di Sondrio.

La seconda parte del volume presenta il Liber matricule seguendo i tre volumi manoscritti che lo costituiscono: tutti conservati in Archivio di Stato di Como (voll. 108, 109, 110). Il criterio seguito è quello di una appropriata schedatura per ogni notaio, costituita dalla estrazione –dai formulari degli atti di immatricolazione– di tutti gli elementi qualificanti e giuridicamente essenziali. Ogni scheda rispetta una fondamentale tripartizione: dopo aver presentato il nome, la paternità, eventuali titoli del notaio e le località di origine e/o di esercizio dell’attività, prosegue con i dati attinenti all’Instrumentum tabellionatus (attore e datazione del rogito); termina con le menzioni dell’autorità che eseguì la laudatio, del tipo di abilitazione conseguita e della data di immatricolazione. Tre numeri di corda, in carattere romano, rimandano al volume da cui è ricavata ciascuna delle schede, posizionate numericamente secondo l’ordine del volume: ovviamente con rimando alla carta originale. Questa scelta appare veramente calibrata e appropriata per una adeguata divulgazione della fonte e per un suo uso fecondo. Del ricco corredo di elementi di sintesi e di strumenti per una comoda consultazione –materiale che costituisce una nutrita appendice– già si è detto.

Felice Rainoldi

Data di pubblicazione: 18 maggio 2009

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