Protagonisti sociali, vita religiosa, luoghi di culto nel basso medioevo

pubblicato in La Valtellina nei secoli. Studi e ricerche archeologiche, I, Saggi, a cura di V. MARIOTTI, Mantova, SAP, 2015, pp. 81–194

INDICE

  1. Prologo
  2. Istituzioni, società e territorio
    1. Il circuito dei protagonisti: poteri pubblici, vescovi, abati, comunità, confraternite
    2. Strade, confini, rocce, abitati: le chiese e i luoghi
    3. Le pievi
    4. Fra terra e castello: le chiese dell’aristocrazia
    5. Configurazioni di valle
  3. . La preghiera, le opere, i sacramenti. Le trasformazioni della cultura religiosa
    1. Dai conversi e converse ai custodes
    2. Comunità regolari
    3. Gli enti di patronato nobiliare
    4. Liturgie capitolari
    5. Per ricevere i sacramenti. La religione parrocchiale
    6. Le confraternite
  4. Il corpo della chiesa
    1. Fundus
    2. Annessi residenziali
    3. Ecclesia rotunda et in medio est fons. La trasformazione dei battisteri
    4. Sepolture
    5. Campanili
    6. Portici e sagrati
    7. Orientamento
    8. Tecniche costruttive
    9. Ingressi
    10. La giurisdizione della luce
    11. Altari, cappelle, navate
    12. Gli spazi presbiteriali
    13. Sacrestie immateriali
    14. Arredi

PRESENTAZIONE

Il contributo intende accostare un’interpretazione storica ai risultati delle campagne archeologiche condotte nelle chiese della Valtellina negli ultimi lustri, avvicinandone gli esiti ai contenuti delle testimonianze scritte. Esso è focalizzato sul basso medioevo e si fonda in primo luogo sul campione rappresentato dalle chiese in cui sono stati condotti gli scavi.

Innanzitutto si è esaminato il secolare ricambio dei promotori delle fondazioni e dei soggetti che esercitavano prerogative giuridiche sulle chiese. Il fenomeno cruciale intervenuto in tale campo nei secoli XIV–XV è la sostituzione di protagonisti di alto profilo gerarchico ed esterni alla realtà valligiana – enti monastici e vescovi, il potere pubblico – con soggetti locali, le famiglie aristocratiche e poi in particolare le comunità (comuni di villaggio e di borgo, contrade). Mutata la rete di relazioni sociali e istituzionali attorno alle chiese, si modificherà anche la loro collocazione nel territorio, poichè esse risentiranno in modo decisivo dell’attrazione dei centri abitati, a discapito di quella degli altri luoghi socialmente e culturalmente rilevanti nei secoli precedenti (dalle strade ai valichi, dai castelli alle rocce).

I diversi protagonisti espressero anche esigenze religiose differenti. Il loro avvicendamento vide dunque emergere domande nuove, in particolare, nel tardo medioevo, quella di un sacro efficace ai fini della salvezza degli individui, della protezione terrena delle campagne, degli animali, delle persone e delle collettività. Il XII e il XIII secolo sono pervasi da una religiosità centrata sui modelli della vita consacrata di chierici e monaci, presso celle monastiche e pievi, e sulla «conversione» di laici, uomini e donne, ritiratisi in solitudine o raccolti in comunità presso cappelle e ospedali. La vita spirituale era fondata sulla preghiera e le opere di misericordia, e dovette esprimere episodi di elaborazione culturale profonda e di solennità liturgica, oltre che di autentico coinvolgimento esistenziale. Nel XIV e XV secolo emerse una quotidianità rituale connotata in primo luogo in senso sacramentale ed eucaristico, percepita non tanto come splendido rendimento di grazie, ma come nucleo propagatore di una potenza utile ai singoli e alle collettività. La parrocchia, luogo di moltiplicazione fino all’inflazione dei suffragi e delle messe festive e votive, ne divenne il principale teatro.

Il tempio ne uscì profondamente modificato. La qualità costruttiva e gli equilibri della chiesa romanica – la sua illuminazione, le sue quote, le sue spazializzazioni, finalizzate ad enfatizzare, rispetto alla presenza dei laici, il ruolo del clero secolare e regolare, la sua preghiera e il suo canto – si alterarono profondamente. Alla fine del medioevo si delineò uno spazio sacro frammentario, non convergente unitariamente sull’azione degli ordinati, ma occupato dai fedeli, vivi e morti. Il tempio di questa età, infatti, si presentò spesso ai visitatori pastorali di età post–tridentina come una chiesa buia, dall’insufficiente decoro monumentale, priva di adeguate sacrestie (poichè i laici maneggiavano quotidianamente le cose sacre), in cui gli altari fondati da individui o confraternite si erano moltiplicati in ogni angolo, non delimitati e non adeguatamente elevati rispetto agli ambienti destinati ai laici, in cui le sepolture si erano disseminate ovunque, anche nei battisteri. Le autorità ecclesiastiche, allora, dettarono precise direttrici di innovazione, che costituiranno per tutta l’età moderna un terreno di rinegoziazione dei rapporti tra i fedeli, forti del ruolo protagonista assunto nel basso medioevo, e le gerarchie clericali impegnate nella riconquista culturale e giurisdizionale del sacro.

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