Sant’Abbondio di Como: i documenti (1200–1280)

Progetto del Centro studi “Nicolò Rusca” di Como


Le due torri della basilica di Sant’Abbondio
© Centro studi "Nicolò Rusca" – Ufficio inventariazione beni culturali



Palinsesto di pietra: così, evocando un antico manoscritto abraso e quindi riscritto – un palinsesto, appunto – potrebbe essere definito l’imponente complesso di Sant’Abbondio, che nelle sue strutture reca ancora i segni più o meno evidenti delle sue molte vite: basilica paleocristiana del V secolo dedicata ai santi Pietro e Paolo, sede di una comunità benedettina dal 1010, commenda di vescovi e cardinali dal Quattrocento, convento di monache agostiniane dal 1616 al 1783, Seminario Minore dal 1835 al 1965. Di Sant’Abbondio rimane però anche una «memoria» non meno ricca di quella ancora visibile nelle forme e nei colori dell’edificio: quella trasmessaci dai documenti che attestano le origini del monastero, il costituirsi e l’amministrazione del suo patrimonio, le sue relazioni con i poteri ecclesiastici e civili, i rapporti con le comunità sulle quali esso esercitava diritti e prerogative.

Sant’Abbondio

Frammenti di questa «memoria» sono ora disponibili on line grazie a un progetto che si propone di pubblicare le pergamene dei benedettini comprese tra il 1200 e il 1280 (http://www.santabbondio.eu/documenti.html).
L’iniziativa, promossa dal Centro studi «Nicolò Rusca» e curata da Liliana Martinelli e da Roberto Perelli Cippo, si pone in stretta continuità con la recente edizione dei documenti più antichi del monastero curata dalla stessa Martinelli e, come questa, contribuirà a ricomporre virtualmente l’archivio dei monaci. Come è accaduto a molti enti ecclesiastici, la soppressione settecentesca avviò infatti la dispersione delle carte di Sant’Abbondio: buona parte delle scritture furono incamerate, insieme ai beni del monastero, dal Fondo di religione – l’ufficio preposto alla liquidazione del patrimonio degli enti estinti – e successivamente pervennero all’attuale Archivio di Stato di Milano; altri documenti sono però conservati anche presso l’Archivio di Stato di Torino, la Biblioteca Ambrosiana e la Braidense di Milano, la Biblioteca Universitaria di Halle.

Conferma della fondazione del monastero(1013)
© Centro studi "Nicolò Rusca" – Archivio storico della diocesi di Como


Le pergamene che saranno messe gradualmente a disposizione dagli utenti del web – attualmente ne sono consultabili una sessantina, ma l’obiettivo è la pubblicazione di circa ottocento atti – si riferiscono a un’epoca molto significativa per la storia del monastero e per le sue relazioni con le autorità ecclesiastiche e il potere civile. Nel 1208 – accennando solo ad alcuni aspetti di questi rapporti – papa Innocenzo III confermò le proprietà monastiche; quasi fino alla fine del secolo l’abate di Sant’Abbondio, insieme a quelli di San Giuliano e di San Carpoforo, prese parte all’elezione del vescovo; nel corso del Duecento, ancora, si consolidò il culto civico del santo, che dalla metà del secolo cominciò a comparire nei documenti del monastero e negli atti ufficiali della città quale patrono di Como e del territorio dipendente.
Per questo periodo, le pergamene restituiscono anzitutto frammenti dell’organizzazione della comunità benedettina. Gli atti riguardanti la gestione patrimoniale, che costituiscono la parte più consistente della documentazione, permetteranno ad esempio di ricomporre la successione degli abati, di ipotizzare la consistenza della comunità dei religiosi, di ricostruire la distribuzione di cariche e funzioni al suo interno, ma non mancano indicazioni su aspetti di altra natura. Tra gli atti già consultabili, ad esempio, vi sono alcuni ordini emanati nel 1277 dal vescovo Giovanni Avvocati dopo aver visitato il monastero. Oltre a minuziose disposizioni sulla recita quotidiana dell’ufficio, sulla celebrazione della messa e sulla convocazione del capitolo, il vescovo si pronunciò sull’obbligo di osservare la vita comunitaria, sulla clausura e sulla condotta dei monaci: si ordinò di rimuovere dal dormitorio le assi che delimitavano le «camerae» dei religiosi, si ribadì che i monaci mangiassero in comune nel refettorio, riservando quanto avanzato per altri pasti o per i poveri, si ordinò di espellere dal monastero una tal Benvenuta e si intimò al monaco «Guillicius» di recarsi al mulino del monastero nel borgo di San Protaso solo col consenso dell’abate e in compagnia di un confratello. Insomma, accanto alle celebrazioni nel coro della basilica, si intravedono anche momenti più dimessi, gli spazi nei quali la comunità si muoveva, l’assistenza che i religiosi offrivano ai bisognosi, le attività economiche che facevano capo al monastero. Dai documenti del XIII secolo potranno inoltre provenire molte indicazioni su una fase ancora poco studiata della storia cittadina quale la piena età comunale.

Particolare della conferma della fondazione del monastero(1013)
© Centro studi "Nicolò Rusca" – Archivio storico della diocesi di Como



Negli anni Quaranta del Duecento, ad esempio, durante lo scontro tra Federico II e la seconda Lega lombarda coordinata da Milano, Como aderì al fronte imperiale. Oltre ad episodi rilevanti ma poco conosciuti del conflitto, come il rapimento dell’abate da parte dei Milanesi nel 1246, i documenti santabbondiani permettono di seguire le iniziative adottate dal comune per sovvenzionare le operazioni militari. La pressione fiscale interessò anche le chiese: l’abate di Sant’Abbondio, in particolare, accese una serie di prestiti con le famiglie dell’antica aristocrazia cittadina, ma anche con parentele che solo in tempi recenti si erano affermate nella società urbana grazie ai commerci, alla pratica notarile, all’attività di prestito. In questa prospettiva, dunque, gli atti che formalizzarono le condizioni dei mutui costituiscono una fonte preziosa non solo per valutare le iniziative degli abati in un momento di crisi, ma anche per analizzare i meccanismi di promozione sociale ed economica che nel corso del secolo sostennero l’ascesa di nuovi gruppi famigliari comaschi.
Infine, la rete di relazioni tessuta dagli abati dalla istituzione dell’ente, la consistenza del patrimonio e la sua diffusione spiegano come mai l’interesse di queste pergamene travalichi le mura della città per estendersi all’intero, vasto territorio che fino all’Ottocento costituì la diocesi lariana. Dall’atto di fondazione, donazioni delle autorità, lasciti di semplici fedeli, oculate campagne di acquisti e di permute promosse dagli abati, avevano costituito un ingente patrimonio di terreni, edifici e diritti in Como e nei suoi dintorni (soprattutto a Monte Olimpino), nel contado (specialmente ad Albate e a Trecallo), sul Lario (in particolare a Laglio e a Torno), in Valtellina (principalmente nel Bormiese, nelle pievi di Mazzo e di Ardenno), nell’attuale Canton Ticino (tra l’altro a Morbio, Castel San Pietro, Balerna). In queste regioni, le pergamene in corso di pubblicazione attestano il radicamento patrimoniale del monastero e i criteri di gestione adottati dagli abati ma, più ampiamente, permettono una ricostruzione, spesso assai concreta, del paesaggio duecentesco, delle strutture abitative e degli edifici destinati alle attività agricole e manifatturiere.

Particolare delle decorazioni di una finestra dell’abside
© Centro studi "Nicolò Rusca" – Ufficio inventariazione beni culturali


Attraverso i dati sull’ubicazione e sui confini dei beni oggetto delle transazioni, sui tipi di colture, sui canoni versati dagli affittuari rivivono quindi strutture civili ed ecclesiastiche oggi scomparse, frazioni e contrade in cui nel medioevo si articolavano i centri abitati, elementi di toponomastica talora sopravvissuti fino ai nostri giorni. Dove più fitti erano gli interessi del monastero, infine, gli interlocutori degli abati e dei loro rappresentanti erano spesso le comunità rurali, che nelle carte duecentesche compaiono, generalmente rappresentate da consoli e decani, nell’atto di stipulare contratti di affitto, di chiedere all’abate la conferma del beneficiale della chiesa eletto dai capifamiglia – a Sondalo, Torno, Morbegno – di sobbarcarsi le spese e le fatiche di lunghe vertenze giudiziarie per difendere i beni comuni o per erodere le prerogative del monastero.
Una «messe di notizie », per riprendere le parole con cui Liliana Martinelli presenta il progetto sul sito, si aggiunge dunque all’elenco – invero non ricchissimo – delle edizioni di documenti comaschi: per confermare ipotesi di ricerca, confutare tesi consolidate e, soprattutto, sollecitare nuove curiosità.

Elisabetta Canobbio



Testo pubblicato a stampa in “La Provincia di Como” del 7 luglio 2011, pp. 44–45.


Data di pubblicazione: 05 ottobre 2011

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