San Lorenzo di Chiavenna nel sec. XIV attraverso le pergamene del suo Archivio

di Marta Luigina Mangini

Chiavenna, Centro di Studi Valchiavennaschi, 2001 (Raccolta di studi storici sulla Valtellina, XVI).

La copertina del libro


Ad una prima immediata impressione il volume sembra destinato ad una élite di specialisti, probabile delizia di addetti ai lavori, che esercitano la vista e la pazienza nel trascrivere –rispettando rigorose regole scientifiche– antichi fogli ingialliti e sgualciti di cartapecora. Un comune lettore, ancorché non insensibile ai dati storici e persino curioso di antichità, rischia una crisi di scoraggiamento. Apre a caso: pagina 32–33. Una facciata e mezza di fitte righe, in Latino … e così via, per l’arco di ben novanta documenti, fino a pag. 224. Salvo poche righe di introduzione scritte in italiano, la quali –ma non tutti lo sanno– si chiamano ‘regesto’.

Ma è propria vero quello che si dice: "le prime impressioni sono le più giuste"? Si provi a sfidare, criticamente, questa proverbiale ma un pò dozzinale saggezza: ben presto e senza dubbio, chi osa con coraggio, non resterà privo di ricompensa. Certo! il cuore del libro è costituito da questa sezione: ma, se senza cuore non c’è vita, la vita non si manifesta e non si espande se non dal cuore che rimane nascosto.

Chi si lascia condurre da tutte le pagine di Marta Mangini –badando alla qualità globale ed organica dell’offerta contenutistica– scopre ben presto molte cose. Ne ricordo qualcuna, a partire dalla affermazione generale: alla storia non si accede se non percorrendo faticosi sentieri e di essi le pergamene sono tra le più sicure ed ineludibili tracce. In questa prospettiva le pagine 9–29, che compaiono come una ‘introduzione’, in realtà si rivelano –indipendentemente dal luogo in cui sonno collocate– la vera risultante conclusiva del lavoro. In esse la giovane autrice ricava un distillato succoso da tutte le spigolature del suo percorso, colmando davvero –per quanto è consentibile– qualche parte delle lacune storiografiche relative alla Chiavenna e della sua Valle relativamente ai sec. XIV–XV. Con altra immagine –in analogia a quanto avviene per un mosaico o un popolare puzzle– tante tessere accostate ridisegnano un quadro che lascia intravedere la vivacità di protagonisti e la densità vitale di varie prassi che punteggiavano quelle età, in modo ordinario o straordinario.

Un’altra ricchezza viene offerta a chi ne vuole approfittare: sono le pagine curiosamente ma anche significativamente collocate al termine della rigorosa trascrizione delle pergamene. Contengono –e proprio per i volonterosi ‘non addetti’– dei sostanziosi contributi ‘iniziatici’ in ordine ad un settore scientifico la cui conoscenza si rivela culturalmente preziosa e psicologicamente suggestiva. Dico –a partire dalla pag. 225– delle puntuali note di Diplomatica, mirate a spiegare natura e significato dei ‘protocolli’ che qualificano ogni negozio giuridico e atte ad illustrare la ricca tipologia dei formulari ricorrenti negli atti notarili o in atti privati. Né manca l’occasione per un ‘incontro’ conoscitivo con i membri della consorteria dei notai: gli operatori pubblici, di origine chiavennasca o comense (pp. 229–243). Interessanti sono, al proposito, le allegate tavole (pp. 244–254) che presentano una sintesi contenutistica dei dati della ricerca gustosamente corredata dalla grafica spesso fantasiosa dei signa tabellionis.

Poi ancora una sezione: le pagine con inventario di fonti e col corredo bibliografico. Ricercatori e studiosi ne possono trarre profitto, anche in vista di nuovi percorsi esplorativi o di scavo. E che dire dell’indice alfabetico delle persone e dei luoghi, che sorpassa di molto le duemila voci?

L’autrice ha gentilmente dedicato il volume "A chi ha percorso insieme a me i ‘sentieri’ della Valchiavenna". C’è sempre tempo e vi sono molti modi per inserirsi in queste comitive, che visitano le nostre suggestive Valli, con attento ascolto delle loro voci lontane, nella riscoperta dei loro segreti.

Felice Rainoldi

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