Nell’Antica Pieve di Mazzo

a cura dell’Associazione Culturale Bellaguarda

Tovo Sant’Agata, Associazione Culturale Bellaguarda, 2006.

La copertina del libro


Il libro che ho appena terminato di leggere è un invito a mettersi in cammino, un invito a ‘guardare con più attenzione’, a diventare curiosi scopritori (o ri–scopritori) della storia e dei beni culturali di una porzione di territorio della nostra Valtellina: l’antica pieve di Mazzo.

La prima presentazione e distribuzione di questo libro è avvenuta a Tovo, sabato 5 agosto, in occasione della giornata di apertura del ciclo di incontri organizzati nell’ambito del progetto “Nell’antica pieve di Mazzo”. L’iniziativa, promossa dall’associazione culturale Bellaguarda, in collaborazione con la Comunità Montana Valtellina di Tirano, ha visto quali attivi protagonisti anche i comuni di Tovo Sant’Agata, Mazzo in Valtellina, Lovero e Sernio, sul cui territorio si estendeva un tempo l’antica pieve.

Si è trattato di un pomeriggio piacevole, in compagnia di alcuni amici dell’Associazione ‘Ad Fontes’. E il mio interesse era davvero particolare, soprattutto vista la mia discendenza per parte di madre proprio dal paese di Tovo. Sono state ore gradevoli, con organizzazione impeccabile e in un clima amicale: dapprima si è avuta la visita guidata al castello di Bellaguarda, seguita dalla presentazione dell’oratorio dei Santi Ippolito e Cassiano di Tovo. Quindi la presentazione del libro …

Mi sono soffermato un poco nel descrivere ‘quel’ pomeriggio della presentazione per un preciso motivo. Credo infatti che per ben comprendere la natura e gli obiettivi di questo libro sia necessaria una sua contestualizzazione nell’ambito del sopra citato progetto “Nell’antica pieve di Mazzo”, che ha visto questa pieve animarsi, durante questa ormai conclusa estate, di iniziative finalizzate alla valorizzazione culturale di questo territorio: visite guidate, incontri pubblici, concerti, convegni.

Così, in questo libro, la parola raccontata –durante le occasioni di incontro e di conoscenza– si fissa e diviene parola scritta. Viceversa, la descrizione all’interno del volume di un monumento o di un affresco racchiuso in una chiesa sono un invito stuzzicante, invito che trova il suo coronamento nella visita guidata a monumenti grazie all’organizzazione dell’Associazione Bellaguarda (con il coivolgimento anche di altre associazioni culturali presenti sul territorio).

I due testi introduttivi chiariscono immediatamente la linea editoriale che il libro intende perseguire: in primo luogo esso vuole essere saldamente agganciato con il territorio, territorio che è occasione e punto di partenza per un viaggio a ritroso nel tempo (come chiarito da Giulio Oscar Giudice, presidente della Comunità Montana Valtellina di Tirano). Quindi sono specificati i destinatari: tutti i curiosi della storia e dell’arte locale, poiché il linguaggio dei saggi proposti è volutamente semplice e di immediata comprensione (come sottolineato da Adelaide Marino, presidente dell’Associazione Bellaguarda).

Ben curato graficamente (la redazione grafica e l’impaginazione sono di Massimo Mandelli) e ricco di immagini (le fotografie sono di Federico Pollini), il libro si suddivide in quattro capitoli.

È affidato a Gabriele Antonioli il compito di introdurre il lettore nel territorio, fornendo le chiarificazioni circa i concetti fondamentali (il concetto di pieve in primis) e le coordinate storiche che consentono una contestualizzazione consapevole. L’Antonioli si sofferma particolarmente ad illustrare l’evoluzione delle istituzioni ecclesiastiche, a partire dal sorgere della pieve con l’erezione della chiesa battesimale: il fonte battesimale a immersione rinvenuto pochi anni or sono a Mazzo, chiesa matrice, è una testimonianza ad oggi unica in Valtellina per questa epoca storica, assai preziosa per illuminare un poco questo periodo, ancora così poco conosciuto, della prima evangelizzazione e dell’organizzazione religiosa della nostra valle.
Le fonti proposte nel saggio sono quelle note agli studiosi, tuttavia la loro rilettura critica e gli articolati collegamento proposti talora aprono feconde prospettive di novità.

Segue il saggio di Guido Scaramellini il quale, dopo una rapida panoramica riguardo all’incastellamento in Valtellina, conduce alla scoperta degli edifici fortificati presenti sul territorio della pieve: la torre degli Omodei di Sernio, il castello di Bellaguarda di Tovo, le ‘columbère’ e le torri di Pedenale e di Vione di Mazzo, e infine, –con maggiore ampiezza– i castelli Gemini di Grosio. L’autore presenta quindi i Venosta, signori locali dal 1150.
Procedendo avanti nei secoli, il testo si avvia alla conclusione trattando della muraglia di Serravalle di Verzedo, fortificata alla fine del XV secolo per volontà degli Sforza, di cui oggi rimangono solo ricordi fotografici: i resti di questa fortificazione furono infatti travolti nel 1987 dalla frana che cancellò Sant’Antonio Morignone.

Gianluigi Garbellini presenta l’architettura religiosa e civile della pieve. Relativamente all’architettura sacra, l’autore rileva che non sono numerosi nella pieve gli edifici romanici (che pure sono presenti e di grande pregio, come le chiese di Sant’Alessandro di Lovero, Sant’Abbondio di Vione, San Giorgio di Grosio, San Gregorio di Ravoledo, Santa Maria di Sondalo e il santuario della Biorca di Grailé). Il comune denominatore della maggior parte delle chiese pievane è infatti la presenza, sotto varie forme, del Barocco. Ma il Garbellini nota come la maggior parte degli edifici sacri riattati nel Seicento presentassero in origine strutture romaniche. Proprio grazie ad una osservazione più accurata è possibile individuare alcune di queste tracce, ritrovando così nuove piste per lo studio dell’architettura in Valtellina nelle sue forme primigenie.

Francesca Bormetti, infine, nel suo ricco itinerario riguardante l’arte figurativa evidenzia come la pieve fu territorio ‘protagonista di storia’ nel corso dei secoli.
Le poliedriche forme dell’arte presenti sul territorio pievano, che dal neolitico (con le incisioni rupestri della rupe magna di Grosio) giungono sino al Novecento (per esempio, con gli affreschi di Eliseo Fumagalli nella chiesa della Beata Vergine delle Grazie di Grosotto), sono testimonianza delle molteplici forme della creatività umana e del mutare delle urgenze dell’espressione dell’uomo.

Il libro è gradevole e si legge tutto d’un fiato. Ma se l’accessibilità di lettura per un vasto pubblico è uno dei requisiti redazionali dichiarati, essa tuttavia anima il desiderio di conoscere più direttamente le fonti che alimentano i vari aspetti del ricco contenuto. Ma non mancheranno opportune occasioni in merito!

In conclusione: ‘Nell’Antica pieve di Mazzo’ è un libro di dimensioni contenute che tuttavia offre molte informazioni, corredate da numerosa bibliografia, per conoscere la storia e apprezzare le bellezze artistiche conservate nell’antico territorio pievano.
Il testo, dal formato inusuale e accurato nella stampa (il coordinamento editoriale è di Claudio Franchetti, la stampa della Tipografia Bettini di Sondrio), è assai pregevole anche nello scopo che vi è sotteso e che –come appassionato delle ‘cose locali’ e come presidente dell’associazione Ad Fontes– condivido appieno. Si tratta di fare scoprire che la nostra provincia, oltre alle bellezze paesaggistiche e alle attrattive enogastronomiche, possiede una propria e peculiare identità storica, artistica, culturale. È bello divulgare questa sensibilità tra la popolazione residente e turistica per un ‘riappropriarsi del territorio’ con consapevolezza diversa e con occhio curioso.

Dunque mettiamoci in cammino alla scoperta di queste radici di storia, di fede, di cultura, di arte … E nella pieve di Mazzo mettiamoci in cammino con la cartografia della pieve (allegata al libro) disegnata da Luca Bonetti, il quale simpaticamente riproduce una mappa antica per itinerari tutti attuali.

Indice dei contributi

Ugo Zecca

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