Fontane di Valtellina e Valchiavenna

fotografie di Giorgio De Giorgi

Como, Nodo Libri, 2006.

La copertina del libro



L’Associazione culturale Ad Fontes –che ha come suo simbolo grafico una fontana disegnata dal grande valtellinese Carlo Giacinto Fontana– non può non rallegrarsi per la realizzazione di questo volume, freschissimo di stampa. Originato dalla vivace attività e benemerita promozionalità della Accademia del Pizzochero di Teglio è stato affidato, per la responsabilità editoriale, alla casa editrice Nodo di Como, a sua volta impegnata nella valorizzazione del patrimonio storico–culturale delle nostre terre.

Il volume (di 263 pagine) si presenta soprattutto come album fotografico, ma l’articolazione delle sequenze delle immagini è scandita dai contributi di una équipe di dieci scrittori–studiosi.
Rezio Donchi e Gianfranco Avella a nome della Accademia tellina, fanno da presentatori, introducendo la tematica–base, che verrà iteratamente sviluppata nei successivi contributi: ‘fontane e memoria’.

L’ampia e densa prefazione –che potrebbe fungere da ‘recensione’– è firmata da Guglielmo Scaramellini: una vera gustosa overture dell’opera, a nome dell’Editrice Nodo.

L’arte delle immagini è affidata a Giorgio De Giorgi, cui spetta il ruolo di nutrire e soddisfare l’interesse dei lettori con l’eloquenza estetica di quasi trecento immagini, in soffice bianco e nero. Documentazione preziosa: si incontrerà una fotografia di fontana, mormorante la sua delicata voce, per ciascuno dei 68 comuni della Provincia spesso con l’inquadramento nel contesto paesaggistico. I Comuni sfilano raggruppati secondo le circoscrizioni delle Comunità Montane, da Chiavenna a Bormio, attraverso Morbegno, Sondrio e Tirano.

Il corpus testuale che funge da filo conduttore si deve a Gerardo Monizza. Con chiaro dettato egli declina sei verbi, relativi agli aspetti funzionali e sociali delle acque e degli invasi che le custodiscono e le dispensano: ‘scorrere’, ‘fermare’, ‘dissetare’, ‘lavorare’, ‘riunire’, ‘decorare’. In tal modo si realizza la scansione delle prime sei parti di fotogrammi: e il dettato, che li iconizza testulmente e li contestualizza sapienzialmente, produce una girandola evocativa di memorie: pratiche e costumi vivaci dei tempi andati, quando dalle acque sgorgavano ricchezze vitali accessibili anche ai più poveri, mentre attorno ad esse, nel contempo, ferveva la vita sociale dei borghi o delle contrade sprizzante socialità, mediante l’alimento di ‘canali di comunicazione’, la festa di giochi, la solidarietà nel lavoro, il fascino di una poesia rusticana che sapeva trasfigurare la dura prosa del vissuto.

La tematica: ‘Fontane nella storia’ è affrontata da Michele Pedrana. Il suo discorso converge alla illustrazione del rapporto ‘tra funzionalità e decoro’: rapporto che viene puntualizzato mediante un quadro tipologico degli impieghi idrici e dei manufatti fontanili, con finale opportuno richiamo al fatto che l’uso ‘pulito’ delle acque era soggiacente ad una sana normativa.

La ‘musica delle acque’ timbrata dalla gamma delle loro voci rivelatrici di orizzonti sacrali, unitamente alla loro potenzialità dispensatrice –oltre che di benefici terreni– di misteri salvifici, è presentata da Remo Bracchi, con pari maestrìa di competenza glottologica, di conduzione mistagogica e di afflato poetico. Le poche ma densissime pagine sono –per così dire– il più fine gioiello del libro, e il contributo è reso più splendente dal lirismo della composizione strofica dialettale Al fontanin (con traduzione), che lo sigla.

La suggestione del dettato continua con l’originale e lussureggiante apporto di Graziano Tognini: ‘Architetture d’acqua’. A sua volta questo testo, che si muove in una prospettiva di suggestione troppo obliata, avrà la funzione, per il lettore, di una refrigerante e tonificante immersione culturale.

Con altro registro Guido Scaramellini interviene –più monograficamente come faranno tutti gli scritti successivi– su le ‘fontane di Chiavenna’ in quanto documentate dalle testimonianze delle fonti archivistiche che ne trattano. Esse pure vere ‘fonti’, che dispensano memoria di eventi la cui confluenza determina un ampio specchio entro cui è possibile riportare all’oggi molto di quanto il tempo ci ha strappato.

Ma v’è pure un ‘archivio’ personale, che è la memoria vivente di ciascuno. Dalla sua esperienza Nella Credaro Porta trae un insieme di ricordi legati alle acque di Colda e dintorni. Dei ricordi che sono incanto, ma miscelati ad altri che evocano il volto realistico –e spesso doloroso– della cultura contadina.

Anche Bruno Ciapponi Landi si muove in questa direttrice personale evocativa, ripercorrendo le località di Tirano e di Sondrio, ma non senza un excursus in altri centri della Valle.

In definitiva, la trama che regge tutto il volume si innesta sull’ordito fatto emergere da Gerardo Monizza. La fenomenologia di un’acqua che scorre o si ferma, che sempre è generosa nel dissetare, che collabora al lavoro, che è richiamo unitivo ed elemento di decoro: tutto ciò può essere considerato una metafora della produzione di questo libro e della benvenuta comparsa, delizia per gli occhi, l’intelligenza e il cuore.

Felice Rainoldi

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