Valtellina Valchiavenna e Grigioni sotto la lente.
Antica cartografia dal XVI al XVIII secolo.

a cura di Silvia Bianchi

Torino, Priuli & Verlucca, 2007.

La copertina del libro

Il volume Valtellina Valchiavenna e Grigioni sotto la lente – Antica cartografia dal XVI al XVIII secolo, edito da Priuli & Verlucca di Torino, rientra nel panorama dei tanti progetti che la Banca Credito Valtellinese sta realizzando nell’anno centenario e si pone in ideale continuità con la mostra sulla storia della cartografia di Valtellina e Valchiavenna tenutasi a Sondrio presso la Galleria dello stesso Istituto tra marzo e maggio 2006 accompagnata dal testo critico di Guido Scaramellini. A ricordarlo nella Prefazione è il presidente del CreVal Giovanni De Censi, il quale, tra l’altro, segnala che «oltre ad assumere rilevanza dal punto di vista dello studio specialistico, questa illustrazione cartografica rappresenta un utile strumento di comprensione storica, che si aggiunge ad alcuni studi promossi dal nostro Istituto», cioè il volume storico, Valtellina crocevia dell’Europa (1998), e il recente studio interdisciplinare, Economia e Società in Valtellina e Contadi nell’Età Moderna (2006).

Nella Presentazione Claudio Salsi, direttore delle Civiche raccolte d’Arte applicata ed Incisioni di Milano, si pone dal punto di vista dello studioso, osservando che il volume, «pur costituendo un’opera di grande interesse per la cartografia di questa regione (Valtellina, Valchiavenna e Grigioni) grazie al ricco e in parte inedito apparato iconografico di cui è dotata e alle schede descrittive corredate da numerose informazioni, non intende proporsi come un corpus documentale assestato e non ulteriormente incrementabile», anche perché è stato realizzato in tempi estremamente brevi. Preziosa la sua menzione di quanti hanno compilato elencazioni e descrizioni di carte locali, o contributi monografici, che si conclude ricordando «il recentissimo, vasto catalogo ragionato pubblicato nel 2006 da Oscar Scheffer sulla cartografia antica della Rezia». Infine, segnala che le 168 carte del volume sono state studiate secondo «un metodo storico artistico integrato dall’analisi iconografica» e che l’Istituto della Civica Raccolta di Stampe Achille Bertarelli di Milano, oltre ad aver fornito materiale illustrativo, ha supportato l’iniziativa.

Segue il contributo dello storico Guido Scaramellini, che ripercorre la storia del dominio grigione in Valtellina e Valchiavenna dal 1512 al 1797, cioè dell’intero periodo della cartografia considerata nel volume. Egli si sofferma soprattutto su particolari in grado di catturare l’interesse del lettore, come la pretesa donazione di Mastino Visconti al vescovo di Coira (e quindi ai Grigioni) di Valtellina e Valchiavenna e dei contadi, mentre era stata solo una promessa subordinata alla realizzazione di determinate condizioni; o come i discussi patti che i Grigioni «avrebbero firmato con la popolazione, stando alla maggior parte degli storici di parte italiana, mentre non ci sarebbero mai stati secondo gran parte degli storici grigioni…». Nella realtà, dapprima ci fu un protettorato, che divenne poi una dominazione. Ampio spazio è dedicato alle cause del ‘sacro macello’ e al drammatico ventennio tra il 1620 e il 1639, anno da cui inizia un lungo periodo di pacifica convivenza con le Leghe. Solo quando l’élite grigione insidierà la supremazia sociale ed economica dell’aristocrazia valtellinese si manifesterà una ‘crescente insofferenza’ nei confronti dei dominatori, che di lì a poco porterà all’annessione alla repubblica Cisalpina.

Le attività economiche, l’emigrazione e l’arte di questi secoli sono presentate negli ultimi paragrafi. Nel suo breve intervento Giorgio Aliprandi – grande appassionato di cartografia e vincitore nel 2006 del premio letterario Gambrinus Mazzotti col volume Le grandi Alpi nella cartografia 1482 – 1885 – rileva che per l’importanza politica, strategica e militare del territorio nel ’600 sono state stampate una ventina di carte di Valtellina e Valchiavenna (nel medesimo periodo in Valle d’Aosta solo due o tre). Interessante la notizia che il cartografo tedesco Christian Sgrooten fu incaricato da Filippo II re di Spagna di redigere un atlante con «la descrizione delle città e i paesi di Sua Maestà, i loro limiti e le frontiere». «In questo magnifico atlante manoscritto, datato 1573 e conservato presso la Biblioteca Reale Alberto I di Bruxelles, sono descritti tutti i territori posseduti dalla Spagna in Europa», tra cui una carta dove «il territorio delle Grandi Alpi è anonimo, mentre sono segnati alcuni toponimi delle Alpi Centrali relativi alla Valtellina come Morben e Bormio», essendo per il re di Spagna il passaggio obbligato per raggiungere il Tirolo e le Fiandre dal Ducato di Milano, il cosiddetto camino de Flandes.
Un’altra segnalazione riguarda la carta manoscritta, Passaggio alle Griggioni per la Spluga et Agnedina (Engadina) e per la Valtellina à Santa Maria, del cartografo militare spagnolo Alfonso Lambertengo, nella quale «a lato della carta – scrive Aliprandi – vi è una spiegazione illustrativa del territorio, dove sono indicate le ore di cammino e le distanze fra le varie località». Era cioè una carta molto precisa, eminentemente pratica per militari e viandanti.

Silvia Bianchi, che da anni collabora con la Civica Raccolta di Stampe Bertarelli ed è stata l’anima del libro, firma l’ultimo intervento, Theatrum Retiae et Valtolinae – Contributo allo studio dell’antica cartografia di Valtellina e Valchiavenna soggette al dominio dei ‘signori grisoni’ (1512–1797). Già alla presentazione del volume aveva segnalato che le carte della collezione Credito Valtellinese ne costituiscono il nucleo, ma che ne sono state aggiunte altre di collezioni private e di alcune tra le più importanti raccolte di stampe italiane e straniere. «Sono carte dal valore artistico più che scientifico – aveva spiegato – e talora presentano difetti topografici o addirittura nomi scritti in modo errato. Alcune sono opera di chi ha percorso il territorio, attraversando i valichi, misurando i percorsi, studiando e raccontando in un disegno quello che aveva visto, altre invece sono derivate a tavolino. Per ogni carta sono date le notizie più importanti, come il nome e i cenni biografici dell’autore, l’epoca, l’importanza dell’editore, il disegnatore; alcune informazioni sono ripetute per ogni carta per non costringere a ricercarle nel volume». Dai limiti cronologici indicati escono «solo alcune mappe presentate all’inizio del volume, che testimoniano il fondamentale ruolo avuto anticamente dalla Valchiavenna come corridoio privilegiato per i collegamenti tra nord e sud delle Alpi». Una di queste è la riproduzione settecentesca a stampa (appartenente alla collezione dell’Istituto valtellinese) della Tabula itineraria peutingeriana, «giunta a noi attraverso una copia manoscritta medievale dell’originale romano risalente presumibilmente al IV secolo d.C.». Un’altra è la carta di Eichstätt dovuta al cardinale Nicola Cusano, la prima tra quelle note ad essere incisa su rame. «Il contributo di questa tavola alla cartografia alpina – scrive Bianchi – è significativo, in quanto si stacca dalla concezione tolemaica delle Alpi sinonimo di barriera, descrivendo diversi valichi», indicati con mons, nelle Alpi Centrali mons Gothardus e mons Setti (il Settimo), «importantissima via di comunicazione usata sin da epoca romana per raggiungere Coira dalla Lombardia». Segue la Carta itineraria dei pellegrini di Erhard Etzlaub, incisa su legno (particolare riconoscibile dai segni piuttosto grossi e spessi, profondamente impressi nella carta), pubblicata una prima volta nel 1492 e ristampata per l’anno santo 1500. Si presenta con orientamento capovolto, nord in basso e sud in alto, perché destinata a pellegrini e viaggiatori che dalla Germania e dai paesi del nord si recavano a sud. «L’arco alpino è attraversato da tre percorsi, il più occidentale dei quali corrisponde al colle del … Settimo …: esso parte da Ulm, a Coira si unisce a un’altra via proveniente da Friburgo e Zurigo e quindi raggiunge Chiavenna (Cleff) e Como».

Lasciando al lettore di scoprire da solo le tante gustose sorprese di questo stupendo scrigno, concludiamo segnalando che nella cartografia del ‘500 e del ‘700 i territori rappresentati erano molto più ampi del nostro, per cui si sono estrapolate e ingrandite la Valtellina e la Valchiavenna, da cui il titolo sotto la lente. Infine, non deve far meraviglia, se diverse carte riportano alcune località in modo errato. Quasi mai si tratta di errori sfuggiti al cartografo, o conseguenza di informazioni imprecise. Assai spesso la mancata indicazione o l’inesatta collocazione erano imposte da motivi di ordine strategico militare e, poiché ai tempi non esistevano i rilievi aerofotogrammetrici e men che meno i satelliti spia, le probabilità che l’inganno avesse successo erano molto elevate.

Pierangelo Melgara




(Questa recensione è apparsa a stampa in Settimanale della diocesi di Como, 5 gennaio 2008, p. 28).


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